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Salute & Benessere. Tatuaggio all’henné: rischi per la salute

Rappresentano un compromesso tra la voglia di esibire un tatuaggio alla moda e la certezza che non rimarranno impressi sulla pelle in maniera indelebile: i tatuaggi all’hennè sono sempre più richiesti da adulti, giovani e bambini

Riguardo a questi ultimi, in particolare, i genitori sembrano più propensi a lasciare che i figli “impressionino” la loro pelle utilizzano i tatuaggi all’hennè perché, oltre ad essere temporanei, sono ritenuti assolutamente innocui.

In realtà il rischio per la salute esiste. E non è neanche banale.

Ma com’è possibile che un colore steso sulla pelle con un pennello, e non infiltrato nella cute con gli aghi, come accade nei “veri” tatuaggi, faccia male?

La pericolosità riguarda non l’henné in quanto tale, ma un additivo chimico che viene aggiunto a questo prodotto. Si chiama para-fenilendiammina (PPD) ed è una sostanza normalmente aggiunta all’henné per darle un colore più scuro e duraturo.

Un’équipe della Clinica Pediatrica dell’Università degli Studi di Perugia, diretta dalla Prof.ssa Susanna Esposito (che a 45 anni è uno dei Professori Ordinari più giovani d’Italia) ha investigato e studiato gli effetti provocati dall’additivo chimico sulla salute, pubblicando i risultati sulla rivista International Journal of Environmental Research and Public Health.

Lo studio ha dimostrato, afferma la Prof.ssa Esposito, “che la para-fenilendiammina (PPD) per le sue caratteristiche molecolari può indurre sensibilizzazione cutanea con varie manifestazioni cliniche alle ri-esposizioni, tra cui la più comune è la dermatite allergica da contatto. Nelle persone allergiche al composto, in particolare, il tatuaggio temporaneo può scatenare reazioni violente con gonfiore e rossore, mentre in chi ha una pelle molto sensibile e delicata può dare origine a una dermatite irritativa più lieve, ma altrettanto fastidiosa”.

L’attenzione e la preoccupazione sono rivolte soprattutto a bambini e adolescenti, i più a rischio, perché la moda del tatuaggio “a tempo” è in quell’intervallo d’età che ha preso più piede. “Abbiamo osservato – illustra la Prof.ssa Esposito – che in molti casi le manifestazioni cutanee si presentano già a partire dalla prima applicazione, sebbene spesso i sintomi si manifestino soltanto in seguito alla seconda. Nei casi in cui le reazioni sono più gravi, la terapia consiste nell’assunzione del cortisone per via sistemica per alcune settimane”.

Lo studio mette in evidenza la necessità di terapie anche di lunga durata, dal momento che è stata riscontrata nella maggior parte dei casi una presenza persistente di discromia cutanea e di lesioni, anche a 7 giorni dall’inizio della terapia con cortisone e antistaminici e fino a 4 settimane dopo la fine della terapia.

Dato l’uso diffuso di questa sostanza, meglio essere cauti, considerando che sono molti i giovani che acquistano kit venduti on line, anche privi di qualsiasi garanzia, oppure si affidano a tatuatori improvvisati sulle spiagge che possono usare materiali scadenti e potenzialmente rischiosi.

Salute & Benessere è una rubrica medica a cura del dott. Accursio Miraglia.