Grande fu il giubilo quando D&G ci regalò “100mila euro di tappeti”, ma adesso, a mente serena, a molti saccensi viene “pena”: “Non si possono usare tappeti tanto costosi per farci passare cani, passeggini e scarpe sporche”, dicono. Ma del resto i tappeti a che servono?
Prendete quella che segue come una riflessione, oppure, prendetela un po’ come volete, un po’ come sono stati presi i tappeti di D&G.
Stamattina, mentre ascoltavo la mia playlist di Dimash Kudaibergen, sono stato colto così, di spalle e senza preavviso, da un post sui social che devo dire mi ha divertito come poche altre cose ultimamente. Nel post ci si interrogava – con quella che mi è parsa sincera ingenuità – se fosse giusto far camminare chiunque, cani, passeggini – quindi mezzi che possono avere le ruote sporche – e cittadini con le scarpe possibilmente sporche sui preziosi tappeti donati da D&G, proponendo addirittura di transennarli.
Altri si spingevano a chiedersi se non fosse poi troppo alto il rischio che a qualche disattento passante potesse cadere una mozzicone di sigaretta o una chewing gum.
Ma a tutte queste, in vero sensate, domande facevano da controcanto altri utenti social che ribattevano dicendo semplicemente: “Sono dei tappeti, come tali vanno usati”.
Beh, che dire? Certe volte i sogni son desideri, altre volte son tappeti e per quanto vorremmo preservarli, restano oggetti da calpestare. Con questo non voglio certo dire che non sia giusto volerne avere cura, ma che forse, l’errore vero, è stato proprio enfatizzare un dono che per quanto possa essere grazioso, resta un ammasso di tappeti da esterno. Costosissimi, che siamo sicuri costeranno parecchio in manutenzione, tranne non si vogliano ridurre a stracci malandati, ma comunque tappeti da esterno. Enormi e inutilizzabili in occasione di grandi eventi: ve lo immaginate che fine farebbero a Carnevale?
In definitiva sono oggetti effimeri, degni figli della moda da cui sono stata commissionati, in un certo senso. Utili in poche cerimonie, costosi da comprare e mantenere e inadatti a un divertimento appena meno ingessato di uno sposalizio in cui la zia 94enne chiede quando si va alla sala ricevimenti dato che ha le gambe gonfie e le fanno male.
Il senso della presente riflessione è che il problema di questi tappeti è che, per salvare politicamente la faccia, sono stati enfatizzati ben oltre il loro fattivo valore. Da un giorno all’altro abbiamo visto politici di parte sì, ma anche cittadini comuni semplicemente galvanizzati dalle chiacchiere, trasformarsi in televenditori di tappeti che se TeleMarket avesse fatto un casting a Sciacca probabilmente avrebbe riempito i suoi palinsesti, tanta era la cura nell’esaltazione dei più minimi particolari del mirabile dono di D&G.
Adesso però, ad un annetto di distanza la magia è finita, i tappeti hanno finalmente assunto la loro vera forma: belli, ma costosi da mantenere e inutilizzabili per il turismo di massa a cui Sciacca vorrebbe ambire. “Grazie” al Covid e agli spettacoli di “gran richiamo” voluti dall’assessore Caracappa, li abbiamo potuti ammirare e calpestare, ma difficilmente potrebbero essere usati nello stesso modo in un’estate movimentata.
E così i sogni son finiti calpestati. Forse allora conveniva sognare meglio e magari ottenere qualcosa di più di 100mila euro di tappeti di cui la stessa maison di moda non avrebbe saputo cosa farsene dopo l’evento, dato l’enorme stemma di Sciacca raffigurato sopra.
Giornalista Direttore responsabile di Fatti&Avvenimenti. Nato a Partinico (PA), ma saccense. Ha sempre vissuto a Sciacca, dove fin da giovanissimo si è appassionato alla politica locale. Scrive da quando aveva 17 anni, scrive di tutto perché “così è giusto che sia”. Ha scritto principalmente per il giornale ControVoce di Sciacca e per il Fatti&Avvenimenti, ma suoi articoli sono apparsi anche sui quotidiani La Valle dei Templi.net, LinkSicilia (MeridioNews), La Voce di New York e tanti altri giornali agrigentini, regionali, nazionali ed internazionali. Da Gennaio 2017 è corrispondente italiano per la rivista francese Lumieres Internationales Magazine. Scrittore a tempo perso. E’ anche uno studente di Giurisprudenza. Coltiva da anni la passione della musica e del canto ed ha una sua band. Non chiedetegli cosa voglia fare da grande, perché non lo sa.