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“Se controllate la mia spazzatura vi denuncio”: “Diffida” ai Vigili Urbani, ecco la legge cosa dice


Il comandante della Polizia Municipale di Agrigento Di Giovanni ha già annunciato che questo non lo farà desistere dall’attività di verifica, ma a livello legale sembrano esserci parecchi “ma”

Certe tecniche investigative, spesso danno al popolo un senso di controllo, che più che rassicurare, mettono in soggezione. Metodologie di controllo anche di piccole infrazioni, che ricordano libri come 1984 di George Orwell.

E certo fa sorridere che certe volte ad incutere tanto timore non siano veri e proprio corpi delle forze dell’ordine o dei servizi segreti, ma i vigili urbani.

Sicuramente infatti deve essersi sentito quasi costantemente osservato da una sorta di Grande Fratello con fischietto ed effige del Comune, il commerciante che ha deciso di appendere un chiaro ed inequivocabile messaggio sulla saracinesca della sua attività commerciale a San Leone per netturbini e vigili: “Appena aprite i sacchetti della mia spazzatura vi denuncio alla Procura per Violazione della Privacy”. Sotto a tale scritta è citato il decreto legislativo 30 giugno 2003, numero 196, che norma le leggi in tema della tutela dei dati personali.

Tale “diffida” o “avviso” è stato ritrovato questa mattina da alcuni operatori proprio intenti a effettuare i controlli.

Servirà tale “diffida”? Probabilmente no, anche per la vaga indicazione di legge data. Ma in realtà trovare riferimenti di legge rispetto al controllo dell’interno dei sacchetti dei rifiuti e comunque sulle modalità di controllo legali del conferimento dei rifiuti, non è difficile, ma spesso le amministrazioni locali – in linea generale – non ne tengono particolarmente conto.

Nella raccolta differenziata infatti esiste il divieto assoluto di sacchetti trasparenti nel “porta a porta” e anche ai controlli indiscriminati. Sono vietate inoltre le telecamere per controllare lo smaltimento dei rifiuti; ed a dirlo non è una fonte qualsiasi, ma il sito ufficiale di Stato dell’Arma dei Carabinieri, che si basa anche sulle indicazioni fornite dal Garante della Privacy che si trovano ben consultabili sullo stesso sito istituzionale del Garante.

“Il Garante ha rilevato che la raccolta differenziata dei rifiuti prevista da specifiche norme, risponde ad un importante interesse pubblico. Ma non ha ritenuto proporzionato l’obbligo imposto da alcuni enti locali ad utilizzare sacchetti trasparenti per la raccolta “porta a porta”, perché chiunque si trovi a transitare sul pianerottolo o nell’area antistante l’abitazione può visionare agevolmente il contenuto. Sproporzionata anche la misura che obbliga ad applicare al sacchetto targhette adesive in cui sia riportato a vista nominativo ed indirizzo della persona cui si riferiscono i rifiuti, in particolare se lasciati in strada.

Invasiva è stata ritenuta anche la pratica d’ispezioni generalizzate dei sacchetti. Gli organi addetti ai controlli possono procedere ad ispezioni selettive solo nei casi in cui abbiano ragione di ritenere che i rifiuti siano stati lasciati senza osservare le norme in materia di raccolta differenziata e il cittadino non sia identificabile in altro modo.

Inoltre, non è lecito utilizzare sistemi di videosorveglianza solo per accertare eventuali violazioni amministrative derivanti dal mancato rispetto delle disposizioni su modalità e orari di deposito dei sacchetti dei rifiuti dentro gli appositi contenitori.

E’ lecito, invece, l’utilizzo di codici a barre, microchip o Rfid che consentono di delimitare l’identificabilità della persona solo nel caso in cui sia accertata la violazione delle norme sulla raccolta differenziata. In questo modo gli operatori che verificano l’omogeneità del contenuto del sacchetto (carta, vetro, plastica) non vengono a conoscenza dell’identità della persona, che rimane riservata fino alla decodifica dei codice a barre o del microchip da parte dei soggetti che applicano la sanzione”.

Insomma, i controlli sulla spazzatura si possono fare. Con dei limiti, in estremo – per quanto riguarda la ricerca dei dati sensibili – e raramente. Rovistare tra i rifiuti di un’intera città alla ricerca di elementi utili all’identificazione dei proprietari è invece illegale; oltre a dare un’immagine da Gestapo a qualsiasi istituzione locale abbia l’arroganza e la pretesa di compiere un atto simile.

Anche perché, citiamo in ultimo: L’attività di ispezione non costituisce, peraltro, strumento di per sé risolutivo per accertare l’identità del soggetto produttore, dal momento che non sempre risulta agevole provare che il medesimo sacchetto, avente un contenuto difforme da quello per il quale il sacchetto è utilizzabile, provenga proprio dalla persona individuata mediante una ricerca di elementi presenti nel medesimo. Tale considerazione induce a ritenere che il trasgressore non dovrebbe essere individuato sempre ed esclusivamente attraverso una ricerca nel sacchetto dei rifiuti di elementi (corrispondenza o altri documenti) a lui riconducibili, e che quindi una eventuale sanzione amministrativa irrogata ad un soggetto così individuato potrebbe risultare erroneamente comminata. Alle stesse conclusioni si deve pervenire nella diversa ipotesi in cui la violazione consista nel mancato rispetto dell’orario di conferimento”, tratto da: Raccolta differenziata dei rifiuti: indicazioni del Garante – 14 luglio 2005.