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Spiagge pubbliche. I privati anche se proprietari non possono negare l’accesso al mare: ecco cosa dice la legge


In estate in molti si lamentano per il fatto di non potere usufruire delle spiagge pubbliche perché in alcuni casi l’accesso è sbarrato da sbarre o cancelli privati, ma si può  fare? Ecco cosa dice la legge in proposito

L’accesso ad una spiaggia avviene sempre tramite una strada, va da se quindi, che è “Il codice della strada” che ne regolamenta il transito, sia pedonale che veicolare e il suddetto codice “vieta l’occupazione della strada pubblica e se si tratta di strada privata non si può vietare agli estranei l’accesso alla spiaggia pubblica”.

In rispetto della legge dunque – come riporta laleggepertutti.it – quando la spiaggia non è data in concessione ad uno stabilimento balneare, l’accesso e l’utilizzo del suolo in quanto pubblico, è aperto a tutti e ciò vale anche quando vi si accede da una strada privata.

In molti però avendo costruito a pochi metri dal mare, (abusivamente o meno, ma questa è materia per un altro articolo) hanno poi delimitato i loro terreni con recinzioni e cancelli, dando vita ad intere aree senza un accesso, ne veicolare ne pedonale alla spiaggia.

Spesso dunque l’utente si trova di fronte a spiagge inaccessibili anche se pubbliche e per sapere come comportarsi in questi casi la risposta non può che esserci fornita dalla Corte di Cassazione sotto riportata[ Punto 1].

Per meglio comprendere come stanno le cose facciamo un esempio.

Immaginiamo un bagnante che per qualsiasi motivo personale, ami fare il bagno in una spiaggia particolare, ma pubblica, qualsiasi essa sia. Alla spiaggia però si accede solo attraversando una strada privata di proprietà di un condominio, chiusa con un cancello o semplicemente con una sbarra elettrica, come ad esempio per gli alberghi “Sciaccamare” di Sciacca, che da qualche mese hanno vinto una diatriba legale con il Comune e la strada di acceso alla spiaggia è divenuta privata.

Sulla sbarra in casi come quello citato, di solito è apposto in bella evidenza un cartello: “Accesso non consentito agli estranei, anche a coloro che vogliono arrivare in spiaggia”. Il bagnante, incurante del divieto, entra ugualmente. Senonché viene fermato da un vigilante o da uno dei proprietari delle villette il quale lo accusa di invasione della proprietà privata e minaccia di denunciarlo ai carabinieri. Il bagnate fa rilevare che essendo la spiaggia pubblica, non si può impedire il passaggio ad essa neanche in caso di strade private. L’altro fa notare che volendo, la spiaggia può essere raggiunta a piedi da altri lidi o altre strade dalle quali si può accedere liberamente. Chi dei due ha ragione?

La Cassazione ha offerto una soluzione a questo tipo di diatribe. Vediamo cosa dice la sentenza. n. 24390/2017.

Il codice della strada [ punto 2] vieta l’occupazione di una strada pubblica anche attraverso cancelli che impediscono la libera circolazione e l’accesso al pubblico verso beni del demanio marittimo. Pertanto, il condominio non può chiudere con cancelli l’accesso al mare anche se la strada ha natura privata. Il sindaco potrebbe addirittura dichiarare la strada di accesso al mare (specie quando si tratta dell’unico sbocco) come “strada di uso pubblico”. Pertanto, in caso di recinzioni o divieti nei confronti degli estranei, scatta una sanzione amministrativa nei confronti del condominio.

In questi casi dunque, quando un privato chiude i cancelli o vi intima di non entrare, a chiamare i carabinieri e fare verbalizzato l’accaduto deve essere il cittadino, che poi potrà agire a norma di legge, rivolgendosi nei casi citati anche al sindaco della città.

Di seguito la sentenza della Cassazione di riferimento

[1] Cass. sent. n. 24390/2017.

[2] Art. 20. Occupazione della sede stradale.

1.Sulle strade di tipo A), B), C) e D) è vietata ogni tipo di occupazione della sede stradale, ivi compresi fiere e mercati, con veicoli, baracche, tende e simili; sulle strade di tipo E) ed F) l’occupazione della carreggiata può essere autorizzata a condizione che venga predisposto un itinerario alternativo per il traffico ovvero, nelle zone di rilevanza storico-ambientale, a condizione che essa non determini intralcio alla circolazione.

2.L’ubicazione di chioschi, edicole od altre installazioni, anche a carattere provvisorio, non è consentita, fuori dei centri abitati, sulle fasce di rispetto previste per le recinzioni dal regolamento.

3.Nei centri abitati, ferme restando le limitazioni e i divieti di cui agli articoli ed ai commi precedenti, l’occupazione di marciapiedi da parte di chioschi, edicole od altre installazioni può essere consentita fino ad un massimo della metà della loro larghezza, purché in adiacenza ai fabbricati e sempre che rimanga libera una zona per la circolazione dei pedoni larga non meno di 2 m. Le occupazioni non possono comunque ricadere all’interno dei triangoli di visibilità delle intersezioni, di cui all’art. 18, comma 2. Nelle zone di rilevanza storico-ambientale, ovvero quando sussistano particolari caratteristiche geometriche della strada, è ammessa l’occupazione dei marciapiedi a condizione che sia garantita una zona adeguata per la circolazione dei pedoni e delle persone con limitata o impedita capacità motoria.

4.Chiunque occupa abusivamente il suolo stradale, ovvero, avendo ottenuto la concessione, non ottempera alle relative prescrizioni, e’ soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da € 169 a € 680.

5.La violazione di cui ai commi 2, 3 e 4 importa la sanzione amministrativa accessoria dell’obbligo per l’autore della violazione stessa di rimuovere le opere abusive a proprie spese, secondo le norme del capo I, sezione II, del titolo VI.

Legge & Diritto è una rubrica quindicinale