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Su piano Kallas aiuti a Kiev e attuazione riarmo i 27 si spaccano: oltre al veto di Orban e Fico paletti da Italia, Francia, Olanda, Svezia e Spagna

Parte male il “ReArm Europe”: Italia, Francia, Olanda, Svezia e Spagna non metteranno in atto la clausola di salvaguardia e non faranno ricorso ai prestiti e dal “libro bianco” scompare anche il debito comune. Bocciato il piano Kallas di dare 40 miliardi di euro a Kiev in armamenti

Sull’attuazione del piano di riarmo da 800 miliardi sul tavolo di oggi a Bruxelles, i 27 si spaccano, oltre a Francia, Olanda, Svezia e Spagna, che non metteranno in atto la clausola di salvaguardia e non faranno ricorso ai prestiti, anche l’Italia ha molte riserve, perché esporrebbe il Paese ad un alto tasso di indebitamento.

Alle remore già espresse da Giancarlo Giorgetti che chiede garanzie chiare sulla durata della clausola per attivare i fondi a debito e sulle materie coperte dai nuovi investimenti, ora si aggiungono quelle della presidente del Consiglio che al vertice europeo odierno dovrà dare una risposta e certamente metterà paletti sul riarmo del piano von der Leyen, che così come è stato presentato non può avere il via libera italiano.

Ma la spaccatura non è solo sul “ReArm Europe”, la proposta, avanzata al Consiglio Esteri di Bruxelles dall’Alto rappresentante Kaja Kallas, di rilanciare gli aiuti militari a Kiev con uno stanziamento extra di 40 miliardi, non ha avuto via libera dai 27 leader, molti capidiplomazia hanno invocato cautela, visti i passi fatti dall’Amministrazione Usa per giungere a un piano di pace.

Oltre al secco no di Ungheria e Slovacchia, anche Roma e Parigi hanno espresso pubblicamente dubbi sul suo piano. I leader della maggioranza dei 27 membri considerano in questa fase questi altri 20 miliardi per acquistare jet, sistemi di difesa aerea, droni, missili e munizioni per ripristinare le scorte  dell’artiglieria difensiva di Kiev, un passo troppo in avanti e di fatto lo hanno bocciato. “Non permetteremo che il denaro dei contribuenti ungheresi sia usato per finanziare le forniture di armi all’Ucraina”, picchia duro Orban, seguito da altri Paesi, Italia inclusa, che stavolta hanno frenato parlando per la prima volta di portare avanti “sforzi diplomatici”.

La premier del governo italiano Meloni, ora predica calma, non parla più di vittoria di Kiev e promuove l’attivismo di Trump che con la doppia telefonata a Putin e Zelensky, può sbloccare l’impasse ucraino. Da notare che anche il ministro Tajani, in passato pronto a dare qualsiasi cosa a Zelensky, ora parla di “approfondire” la proposta Kallas: “Aspettiamo la telefonata tra Trump e Putin per capire se ci saranno passi avanti verso il cessate il fuoco e una tregua, intanto dobbiamo raggiungere il 2% della spesa Nato e attuare il piano di sicurezza della presidente von der Leyen, che abbiamo già approvato, le spese sono molte e ogni decisione va ragionata”.

Difficile prevedere come si evolverà la crisi ucraina, vista anche l’imprevedibilità dei tre protagonisti principali, Putin, Trump e Zelensky, ma un risultato certo già c’è: l’Europa appare però sempre più divisa e questa è sicuramente una vittoria del presidente russo.PubblicitàPubblicità