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Terremoto Turchia e Siria: il bilancio è di oltre 4.300 morti ma nelle prossime ore potrebbe salire fino a 20.000

È un’ecatombe. Il terremoto che ieri ha colpito la Turchia e la Siria, ha già causato oltre 4.300 morti, ma il bilancio è provvisorio e più si scava tra le macerie più si intuisce che questo numero è destinato a salire: secondo l’Oms, le vittime potrebbero arrivare fino a 20.000 

Più si scava e più il bilancio dei morti diventa tragico, il terremoto di ieri con epicentro il confine tra Turchia e Siria di magnitudo 7.9 della scala Richter ha già causato oltre 4.300 morti accertati, numero che secondo l’Oms, nelle prossime ore potrebbe arrivare fino a 20.000. Al momento le vittime accertate in Turchia secondo l’Autorità per la gestione delle emergenze (Afad) sono 2921, oltre a 15800 i feriti. In Siria secondo i dati forniti dal governo di Damasco e da fonti delle squadre di soccorso. i morti sono 1451, ma i dispersi sotto le macerie sono ancora molti.

L’incubo è iniziato alle 4,17 di ieri mattina, quando quindici milioni di turchi hanno sentito “Un boato come una bomba”, talmente potente che lo hanno avvertito da Istanbul a Baghdad e persino in Libano e Cipro. Dopo il boato si è scatenato l’inferno, nella provincia di Kahramanmaras, grattacieli alti diciassette piani e cattedrali cristiane si sono sbriciolati come castelli sabbia. La scossa ha squassato dieci province dell’Anatolia del Sud.

Si tratta del più potente terremoto registrato sulla Terra negli ultimi sei anni, il più violento in Turchia da otto secoli. La faglia che divide la placca araba e quella anatolica si è spezzata scatenando un terremoto di magnitudo 7.9 nella Turchia del sud-est: l’equivalente, in termini di energia rilasciata, di 32 atomiche di Hiroshima. Secondo Alessandro Amato, sismologo dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, la scossa è stata mille volte più forte rispetto a quella che nel 2016 ha colpito Amatrice e 30 volte più potente di quella che devastò l’Irpinia nel 1980.

La Turchia conta danni e incendi anche ai gasdotti ed Erdogan ha chiesto aiuto al mondo. Come prevedibile il primo ad accorrere è stato l’amico Putin, che ha un rapporto di salda amicizia con Erdogan, tanto che dall’inizio della guerra in Ucraina, la Turchia ha avuto sospesi i pagamenti del gas che importa da Mosca.

Dopo il Cremlino da ogni parte del mondo Italia compresa, c’è stata la corsa agli aiuti e come ha comunicato il presidente  Recep Tayyip Erdogan, che ha proclamato 7 giorni di lutto nazionale, la Turchia ha “ricevuto offerte di aiuto da 45 Paesi, oltre all’Unione europea e alla Nato”. Ankara ha chiesto formalmente aiuto agli alleati della Nato. Secondo quanto si legge nella richiesta, inviata da Ankara, la Turchia ha bisogno di staff ed equipaggiamento medico, di diverse unità di ricerca e soccorso e di “ospedali da campo”, particolarmente adatti “alle avverse condizioni del tempo”.

L’appello ha funzionato e già mattina i soccorritori, molti dei quali volontari, che hanno lasciato Istanbul nelle ultime 12 ore per raggiungere le zone terremotate, erano già 13.000. Molti di loro sono diretti ad Hatay, dove mancherebbero le squadre necessarie ad estrarre le persone intrappolate sotto le macerie.