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Tribunale dei ministri da ragione a Salvini: “Bloccare le Ong non è reato, devono sbarcare nel loro stato”


Il tribunale dei ministri mette fine alle tesi dei magistrati che hanno indagato l’ex ministro Salvini: “Le Ong sbarchino nel loro Paese: lo Stato di primo contatto è quello della nave che ha provveduto al salvataggio”

Il Tribunale dei ministri ha messo la parola fine sulle direttive del decreto sicurezza sui migranti. La procura di Agrigento diretta da Luigi Patronaggio, circa una settimana fa, aveva indagato nuovamente l’ex ministro Matteo Salvini, relativamente al caso dei 164 immigrati clandestini della nave ong spagnola Open Arms, che dopo essere stati recuperati al largo della Libia, prima si approdare nel porto di Lampedusa, erano rimasti bloccati per una ventina di giorni in mare, da un provvedimento emesso dal Viminale, nel rispetto del decreto Sicurezza bis.

Lapidari i giudici:Le responsabilità di assegnare un ‘porto sicuro’ alle navi con i migranti soccorsi in mare spetta allo ‘Stato di primo contatto’, che però non è sempre facile individuare”.

Poi aggiungono che “Tuttavia, volendo seguire ‘alla lettera’ le indicazioni che si possono ricavare da Convenzioni e accordi, ‘lo Stato di primo contatto non può che identificarsi in quello della nave che ha provveduto al salvataggio’.

Tutto ciò significa che se un’imbarcazione che ha raccolto i naufraghi batte bandiera tedesca, per ottenere lo sbarco in un ‘porto sicuro’ si deve rivolgere alla Germania.

Appresa la notizia, Matteo salvini sulla sua pagina Facebook ha commentato: Lo Stato di primo contatto non può che identificarsi in quello della nave che ha provveduto al salvataggio. Germania se batte bandiera tedesca, Norvegia se batte bandiera norvegese, ecc.
Finalmente un po’ di BUONSENSO”.

Con queste motivazioni il 21 novembre scorso i giudici Maurizio Silvestri, Marcella Trovato e Chiara Gallo del tribunale dei ministri di Roma, hanno archiviato le accuse di omissione di atti d’ufficio e abuso d’ufficio nei confronti dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini e del capo di Gabinetto Matteo Piantedosi, per aver negato nell’aprile scorso, lo sbarco ai 65 migranti che si trovavano a bordo della nave tedesca Alan Kurdi, della Ong Sea Eye.

L’assenza di norme di portata precettiva chiara applicabili alla vicenda — scrivono i tre giudici — non consente di individuare, con riferimento all’ipotizzato, indebito rifiuto di indicazione del Pos (Place of safety), precisi obblighi di legge violati dagli indagati, e di conseguenza di ricondurre i loro comportamenti a fattispecie di rilevanza penale”.

Inoltre i giudici hanno stabilito la non responsabilità dello Stato di appartenenza della nave che ha soccorso i profughi, come nel caso della Alan Kurdi, infatti, spesso accade che le coste di quel Paese sono troppo lontane, “la normativa non offre soluzioni precettive idonee ai fini di un intervento efficace volto alla tutela della sicurezza dei migranti in pericolo”. Le leggi sono inadeguate, e tutto è rimesso a “una concreta e fattiva cooperazione tra gli Stati interessati che, fino a oggi, è di fatto scritta solo sulla carta”.

Dunque mancando il reato, niente processo sul caso dello scorso aprile dei migranti bloccati a bordo della Sea Eye e Salvini esulta e commenta :“Ora sono curioso di vedere a questo punto cosa decideranno le altre procure. Finalmente è stato riconosciuto da un giudice che bloccare gli sbarchi non autorizzati di immigrati non è reato”.

Tutto finito? Secondo il Corriere della Sera, no. Il provvedimento del tribunale dei ministri non bloccherà altre inchieste, ma certamente questa sentenza sarà un punto di riferimento per altri collegi giudicanti.