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Ucraina. Orsini: “20mila morti a Mariupol, strategia invio armi è fallita”, ma alla Nato interessa fermare la guerra?

Per il Times, Finlandia e Svezia sono ad un passo dall’entrare nella Nato, con l’inevitabile furia di Mosca, che dal canto suo sta ora dimostrando che “può sventrare l’Ucraina”. Intanto l’Italia pensa di potersi smarcare dal gas russo con Draghi in viaggio ad Algeri dove parla degli ottimi rapporti “tra l’Italia e l’Argentina”, in attesa della poltrona alla NATO

Alle 2:52 di questa notte il Prof. Alessandro Orsini ha commentato le ultime notizie dall’Ucraina: “Il sindaco di Mariupol dice che i civili uccisi dall’esercito di Putin sono addirittura 10mila e che i cadaveri ‘ricoprono a tappeto le strade della città’. Dice pure che il bilancio delle vittime potrebbe essere di oltre 20mila. E’ la conferma che: ‘La Russia può sventrare l’Ucraina come e quando vuole’.

E i governi dell’Unione Europea a dire che: “Più armi inviate all’Ucraina significa pace assai vicina”. Per ogni mitragliatore dall’Europa ne arriveranno mille dalla Russia, e anche questo si è verificato.

La strategia dell’invio delle armi per fermare la guerra è già fallita. Un tempo le persone venivano stordite con i telefilm americani. Oggi con la filastrocca putiniani-filoamericani. Filastroccare per impedire di pensare”.

Osservazioni acute quelle del Prof Orsini, che però presuppongo la buona fede del credere che la NATO e gli USA che ne sono a capo – de facto – vogliano effettivamente la fine delle ostilità in Ucraina. Il Divo Andreotti diceva che “a pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”.

Ed a “pensare male”, si potrebbe anche tenere in considerazione che il conflitto ucraino, scoppiato anche e soprattutto perché l’Ucraina dopo Maidan 2014 si stava spostando sempre più dentro l’orbita della NATO, non beneficerà di certo delle ultime notizie: adesso pare assai concreta la possibilità che anche Finlandia e Svezia entrino nel Patto Atlantico.

 La notizia, più volte riportata negli ultimi giorni, è stata rilanciata anche dal Times che cita funzionari degli Stati Uniti secondo cui l’ingresso della Finlandia e della Svezia nel Patto Atlantico è stato ”oggetto di discussione e di diverse sessioni” durante gli ultimi incontri dei ministri degli Esteri della Nato, con la seria possibilità che entrambi i Paesi potrebbero diventare membri NATO entro l’estate.

Insomma: la Russia attacca l’Ucraina per “dimostrare” di non volere la NATO ai confini e la NATO risponde inviando armi e tentando di posizionarsi lungo altri confini russi. Del resto, come riportato anche dal Wall Street Journal, il Cancelliere tedesco Scholz a febbraio, poco prima dell’inizio delle ostilità con la Russia, aveva proposto al Presidente ucraino Zelensky un accordo per evitare la guerra, ma Zelensky rifiutò (e se rifiuta lui, pensa Washington che sta a 7.828 km di distanza da Kiev).

Intanto la Russia – sempre più tra le braccia della Cina che sta provvedendo ad inglobarla in sistemi bancari ed economici alternativi ed antagonisti a quelli occidentali – sta dando prova di aver avviato una sorta di “fase 2” dello scontro, siamo alla “grande offensiva”, almeno dai segnali diretti e indiretti che arrivano.

Secondo gli analisti, la Russia sta schierando sui vari campi di battaglia 90 divisioni per un totale 170mila uomini, con obiettivo previsto la conquista totale e definitiva dei territori russofoni; anche se, questo potrebbe anche essere solo un primo nuovo passo verso un’avanzata che se non troverà una fine diplomatica con un cessate il fuoco o addirittura un accordo di pace, non si fermerà, a differenza di quanto sperato secondo chi crede davvero che Mosca non abbia la forza sufficiente a continuare il conflitto.

“Ci sarà un’offensiva. Non solo su Mariupol, ma anche su altri luoghi, città e villaggi. In primo luogo libereremo completamente Luhansk e Donetsk, e poi Kiev e tutte le altre città. Il nostro obiettivo non è conquistare le città, il nostro obiettivo è distruggere questi banderiti, nazisti e shaitani che si definiscono musulmani”. A dirlo – come riportato anche dal Guardian – Ramzan Kadyrov, capo della repubblica russa della Cecenia e comandante delle milizie cecene impegnate nella guerra in Ucraina.

Chiaramente non è possibile sapere come si evolverà il conflitto, ma fa riflettere che il direttore generale del Russian International Affairs Council Andrey Kortunov, ospite nel programma di Lucia Annunziata domenica scorsa, abbia detto chiaramente che entro una o due settimane sarà probabilmente possibile arrivare ad un qualche tipo di accordo russo-ucraino, magari in concomitanza di una vittoria tattica da poter festeggiare nello storico 9 maggio; sempre se la Nato non si mette in mezzo.

La Nato si sta preparando infatti a un conflitto che può durare mesi, se non anni, con l’intenzione evidente degli Stati Uniti di Biden di “condurre una guerra per procura contro la Russia, usando gli ucraini come loro strumento”, con l’obiettivo non “di porre fine alla guerra ma di prolungarla”. Questo lo dice il giornalista e Premio Pulitzer Glenn Greenwald, secondo cui l’obiettivo è logorare la Russia al punto da suscitare – secondo le speranze americane – un “cambio di regime” a Mosca. E da notare, che queste tesi sono state rilanciate negli scorsi giorni sulle maggiori testate internazionali: dal NY Times a Bloomberg.

In questo complicato scenario si staglia, ben coperta dai giganti d’Europa per contare qualcosa, ma sufficientemente esposta per suscitare le ire di Mosca, l’Italia di Mario Draghi. E così mentre inviamo armi all’Ucraina di Zelensky, il nostro presidente del Consiglio, reduce dal non aver capito nulla durante la sua telefonata con Putin riguardo il pagamento in rubli del gas, vola ad Algeri a incontrare il presidente della Repubblica algerina, Abdelmadjid Tebboune.

“I nostri Governi hanno firmato una Dichiarazione d’Intenti sulla cooperazione bilaterale nel settore dell’energia. A questa si aggiunge l’accordo tra Eni e Sonatrach per aumentare le esportazioni di gas verso l’Italia”, afferma contento Draghi, mentre ricorda all’Algeria che “i rapporti tra Italia e Argentina hanno radici profonde”

Accordo che il direttore di Limes Lucio Caracciolo commenta così ad “Otto e mezzo” su La7: “Accordo tra Italia e Algeria su gas? Una delle conseguenze di questa guerra sarà la destabilizzazione del Nordafrica a causa della crisi alimentare e dell’aumento dei prezzi dell’energia e del pane. La stessa Algeria è notoriamente una caserma più che uno Stato, quindi bisogna vedere come va a finire questo accordo”.

Inoltre Caracciolo, pur approvando l’iniziativa del Governo sul fronte energetico frena ancora gli entusiasmi: “Per l’Italia ovviamente si delinea uno scenario difficile e quindi, operazioni come questa sono importanti e utili, ma ci vuole ancora parecchio. Se pensiamo che questo accordo tra Italia e Algeria cambi qualcosa da qui ai prossimi due o tre anni, sbagliamo”.

E poi, gli italiani possono pure farli i sacrifici, anzi devono. In ballo non c’è solo la “democrazia” – qualsiasi cosa voglia dire – ma anche la poltrona di Segretario Generale della NATO. L’Italia sarebbe infatti tra i Paesi favoriti a esprimere il successore di Jens Stoltenberg, soprattutto dopo la promessa di aumento delle spese militari al 2%. Un posto che dovrebbe essere occupato da un ex premier, quindi secondo alcuni osservatori Mario Draghi, Paolo Gentiloni, Enrico Letta e forse Matteo Renzi – molto in forse dati i suoi rapporti con Paesi come l’Arabia Saudita – potrebbero ambire, nel 2023, alla guida della Nato. Insomma come nel film di Sordi: “finché c’è guerra, c’è speranza”.