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Uccise le due figlie Gaia e Sofia: assolta “non è imputabile”. Le sentenze si accettano… ma a volte lasciano perplessi


Il 27 dicembre del 2016, l’insegnante gelese Giusy Savatta, uccise volontariamente le sue due figlie, Maria Sofia, di 9 anni, e Gaia, di 7, nella loro casa in via Passaniti e ieri è stata assolta. Le sentenze non si contestano… ma a volte lasciano perplessi.

La vicenda fece sensazione, una madre che uccide le sue figlie, qualunque sia la motivazione che l’abbia spinta a farlo, difficilmente è perdonata dall’opinione pubblica, ma i tribunali usano altri metri di valutazione.

Il giudice dell’udienza preliminare Paolo Fiore, ha emesso un verdetto di assoluzione nei confronti della quarantaduenne Giusepppa Savatta, “perché non imputabile”, ovvero non era capace di intendere e di volere, quando nel dicembre di due anni fa uccise le piccole figlie Gaia e Sofia Trainito. La donna, in abbreviato, era chiamata a rispondere dell’omicidio delle due figlie, trovate ormai senza vita all’interno dell’appartamento di famiglia in centro storico.

La pubblica accusa, basandosi anche su quanto indicato dai periti hanno escluso l’imputabilità della donna ed aveva richiesto l’assoluzione, che è stata accolta dal giudice. Proprio nella perizia redatta dai tre esperti nominati, è emerso un quadro clinico di instabilità psichica. Le parti civili costituite, con gli avvocati Flavio Sinatra e Giovanni Giudice, che rappresentavano il padre e alcuni familiari delle bambine uccise, avevano invece chiesto la condanna, avanzando la possibilità di una nuova perizia collegiale.

Il gup invece ha ritenuto validi i dati già indicati nella relazione presentata dal pool di esperti ed ha optato per l’assoluzione della donna, difesa dagli avvocati Pietro Pistone e Maria Luisa Campisi che hanno insistito sull’incapacità di intendere e di volere al momento dei fatti. Applicata, “anche se in via provvisoria”, la misura di sicurezza del ricovero in una struttura specializzata, almeno fino a quando “persista la pericolosità sociale”.

Inoltre il gup ha anche deciso la cessazione della custodia cautelare in carcere, che era stata imposta alla donna, subito dopo l’arresto. I legali delle parti civili, davanti al dispositivo emesso, non escludono di potersi rivolgere alla Corte di appello, per contestare il verdetto.