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Indagata la Pm del caso Yara Gambirasio accusata di frode processuale e depistaggio

“I reperti sotto sequestro non possono essere distrutti senza provvedimento di autorizzazione di un giudice, se qualcuno lo fa commette un reato”

Questa la tesi dell’avvocato Claudio Salvagni, del collegio difensivo di Bossetti, che aggiunge: “Aspettiamo le decisioni del Pm di Venezia. Il gip ci ha detto col proprio provvedimento che purtroppo i campioni di Dna utilizzati proprio per arrivare alla identificazione di Ignoto 1 e poi indispensabili per la condanna di Massimo Bossetti sono stati distrutti. Ora occorre individuare le responsabilità”

Colpo si scena nella coda del processo a  Massimo Bossetti, condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio. Il gip di Venezia Alberto Scaramuzza ha disposto l’iscrizione nel registro degli indagati per la pm di Bergamo del caso Yara Gambirasio, Letizia Ruggeri con l’accusa di “Frode processuale e depistaggio”. L’iscrizione arriva a conclusione dell’udienza di opposizione all’archiviazione presentata dai legali di Massimo Bossetti dei presidente della Corte d’assise di Bergamo e di una cancelliera.

La vicenda riguardava la conservazione di reperti dell’inchiesta che ha portato all’ergastolo il muratore di Mapello. Per il gip, si tratta di un approfondimento necessario per consentire un’adeguata difesa: sotto osservazione, i campioni di Dna utilizzati nel processo per la morte di Yara – 54 in totale, da cui è stato estratto il Dna di Ignoto 1 – che hanno portato alla condanna di Bossetti.

La ragazzina scomparve il 26 novembre del 2010 e fu trovata, tre mesi dopo, morta in un campo. Il tema su cui il gip chiede una nuova tranche di verifiche è legato alla conservazione di 54 reperti con tracce di Dna che, di fatto, rappresentarono l’architrave dell’impianto accusatorio a carico del muratore di Mapello. I reperti sono stati trasferiti dall’ospedale San Raffaele di Milano ad un ufficio del tribunale di Bergamo. Un trasferimento durato alcuni giorni e che, a detta dei difensori del condannato, potrebbe avere causato un deterioramento delle tracce.

La trasmissione degli atti alla Procura per il gip veneto è l’unico “provvedimento adottabile” a fronte di una “denunzia querela e in un atto di opposizione” presentato dai difensori del condannato in via definitiva. L’invio degli atti al pm di Venezia e l’iscrizione serve per “permettere al pm una compiuta valutazione anche della sua posizione in relazione a tutte le doglianze dell’opponente” che richiedono “un necessario approfondimento” sia al fine di permettere alla stessa un’adeguata difesa”. Il giudice Alberto Scaramuzza ha, invece, proceduto all’archiviazione delle due posizioni finite al vaglio dei pm lagunari.

Su quanto disposto dal gip si è detto “sorpreso” il procuratore di Bergamo, Antonio Chiappani. Una iscrizione nel registro che arriva “dopo tre gradi di giudizio, dopo sette rigetti dei giudici di Bergamo sia all’analisi che alla verifica dello stato di conservazione dei reparti e dei campioni residui di dna”, afferma il capo dei pm bergamaschi. Sorpreso, spiega il magistrato che “si imputi ora al pm il depistaggio riguardo la conservazione delle provette dei residui organici”, dopo che “nei tre gradi di giudizio era stata respinta la richiesta difensiva di una perizia sul Dna, dopo la definitività della sentenza sopravvenuta nell’ottobre 2018 che ha accertato la colpevolezza dell’autore dell’omicidio di Yara, e dopo che era passato più di un anno da tale definitività”.

I 54 residui organici, erano “rimasti regolarmente crio-conservati in una cella frigorifera dell’istituto San Raffaele fino a novembre 2019, quindi oltre un anno dopo il passaggio in giudicato della sentenza della condanna, e solo successivamente confiscati come prevede il Codice di procedura”, ricorda il capo della Procura orobica che si dichiara “fiducioso che in sede di indagini emergerà la correttezza dei comportamenti tenuti dalla collega”.