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La Germania è in recessione: “Le sanzioni alla Russia hanno messo in ginocchio l’industria tedesca”

Lo certificano i numeri: le sanzioni contro la Russia hanno fatto male soprattutto alla Germania, l’ormai ex locomotiva d’Europa ha chiuso il 2023 in recessione e con un sentimento popolare di sfiducia verso le istituzioni e il futuro

La Germania archivia il 2023 come l’anno degli scioperi. Dipendenti pubblici, l’intero settore dei trasporti, perfino i commessi dei negozi hanno incrociato le braccia e il 2024 è iniziato allo stesso modo, con la minaccia di uno sciopero dei medici e le immagini delle manifestazioni degli agricoltori che hanno fatto il giro del mondo, categoria che rappresenta una spia del malessere, diffuso anche degli altri settori che stanno protestando in modo meno appariscente.

Il modello industriale tedesco si è basato per decenni sull’energia a basso costo proveniente dalla Russia, grazie al gas che arrivava dal Nord stream, ma con la guerra in Ucraina e le sanzioni a Mosca, tutto è cambiato e la prima vittima è stata proprio l’industria manifatturiera della Germania. Il 2023 si è chiuso con una flessione del prodotto interno lordo dello 0,3%, il dato peggiore di tutta l’area euro. Per il 2024 il governo stima una ripresa ma più di un economista non è d’accordo con questa previsione ed anzi prospetta un secondo anno con il segno meno.

Il settore che nel 2023 ha sofferto di più degli altri è stata l’industria che ha registrato una produzione in flessione dello 0,4%. Il comparto auto ha tenuto ma sulle motorizzazioni elettriche è in ritardo. Le nuove produzioni evolvono verso vetture tecnologicamente più avanzate ma meccanicamente meno complesse. E il “core business” della manifattura tedesca è proprio la meccanica.

L’industria automobilistica è dunque quella più a rischio, secondo Moritz Schularick, economista e presidente del Kiel Institute, infatti, non tutte le case automobilistiche tedesche sopravvivranno a questo decennio. Il passaggio dalle auto tradizionali a quelle elettriche è stato guidato dalla lobby nucleare e dall’industria automobilistica francese che avrebbero siglato un patto luciferino con i Verdi per favorire la transizione e superare i concorrenti tedeschi. Inoltre per Moritz Schularick intervistato dalla Faz, ha detto ch la crisi del mercato del lavoro in Germania non è ancora esplosa solamente perché viene “rallentata” dalla carenza di manodopera: “Manca la consapevolezza di quanto grandi siano le sfide“.

Ma a descrivere il tracollo tedesco sono sono le parole ma i freddi numeri: dopo la pandemia l’occupazione nel settore manifatturiero è diminuita da 8,4 a 8,1 milioni di addetti, così come in progressivo calo è il numero di piccole aziende, importanti in Germania quasi quanto in Italia. Tutto ciò accade per di più mentre l’universo delle Pmi è alle prese con un complicato passaggio generazionale. Secondo le rilevazioni dell’Istituto di ricerca Ifo, nel 43% delle aziende l’amministratore delegato andrà in pensione nei prossimi tre anni. Tra le imprese con più di 250 dipendenti, la percentuale supera il 50%. Il 42% afferma di non avere alcun successore. In difficoltà c’è anche il settore delle costruzioni. Nel 2023 le compravendite di immobili commerciali si sono dimezzate rispetto all’anno prima.

I prezzi delle case sono in forte discesa e l’attività immobiliare si è contratta dell’1,5%. Pesa, come ovunque ma più che altrove, l’effetto del rialzo dei tassi Bce che rende più costoso accendere un mutuo ed ottenere finanziamenti. Lo scorso dicembre la metà dei costruttori ha dichiarato di avere problemi a causa della mancanza di nuovi ordini, il livello più alto di sempre, mentre un’impresa ogni 10 inizia a segnalare gravi difficoltà finanziarie.