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Legge & Diritto. La bolletta dell’acqua non è sempre una prova ai fini dei consumi addebitati all’utente


Secondo la Cassazione, la bolletta non prova il servizio di erogazione dell’acqua e soprattutto le quantità utilizzate dall’utente

È capitato a molti di ricevere una bolletta per il pagamento del servizio idrico e vedersi addebitato un importo eccessivo in base al reale consumo. Non è infrequente infatti che l’incremento dell’importo addebitato in bolletta sia la diretta conseguenza di perdite idriche anche occulte o derivi da guasti o malfunzionamenti del contatore. In questi casi, secondo la società erogatrice del servizio idrico la prova del consumo è data dalla bolletta.

Ma è davvero così?

Più volte in sede giudiziaria è stata affrontata la questione se la bolletta è da considerarsi prova sufficiente per dimostrare il quantum dell’acqua consumato effettivamente dall’utente.

Secondo l’orientamento consolidato in giurisprudenza, la bolletta non costituisce prova sufficiente per dimostrare che quanto fatturato corrisponda alle quantità effettivamente utilizzate dall’utente.

Già la Cassazione nel 2011 aveva confermato il principio secondo cui la “fattura è titolo idoneo per l’emissione di un decreto ingiuntivo in favore di chi l’ha emessa, ma nell’eventuale giudizio di opposizione la stessa non costituisce prova dell’esistenza del credito, che dovrà essere dimostrato con gli ordinari mezzi di prova dall’opposto” (Cass. civ.,11 marzo 2011, n.5915).

Seguendo lo stesso orientamento, la Corte nel 2016 aveva affermato che nei contratti di somministrazione di utenze in cui i consumi sono calcolati mediante un contatore, al sistema di lettura a contatore è riconosciuto il valore di una presunzione semplice di veridicità, che può essere smentita con qualsiasi mezzo di prova (Cass. civ., sez. III, sent. n.23699/2016).

Bisogna premettere che con la stipula del contratto di somministrazione il consumatore si impegna a riconoscere la fondatezza e l’attendibilità di quanto dichiarato nella bolletta, la quale, dunque, costituisce il primo punto di riferimento per l’addebito dei consumi. In tali contratti la rilevazione dei consumi è assistita, quindi, da una mera presunzione di veridicità, ma questa viene meno in caso di contestazione dei consumi da parte del fruitore.

Quest’ultimo, infatti, ha sempre la possibilità di contestare le bollette che ritiene non dovute o eccessive. Ovviamente l’utente non ha l’onere di fornire la prova delle ragioni per cui gli importi fatturati non corrispondono al consumo effettivo, perché non ha la possibilità o la capacità di spiegare le cause che provocano l’aumento di tale importo, cioè di controllare eventuali perdite agli impianti o altri difetti di funzionamento. Di certo, egli dovrà quantomeno fornire degli “indizi”, che aiutino a dimostrare la non corrispondenza della bolletta all’effettivo consumo. Potrà, ad es., fare il confronto con le bollette precedenti, dimostrare che c’è asimmetria tra l’utilizzo (scarso) dell’immobile e il consumo d’acqua addebitato, il numero di persone che utilizzano la fornitura, ecc.

Ma di fatto, come sottolinea la Cassazione, le bollette, in quanto documenti di provenienza unilaterale della stessa parte che le ha redatte (ossia la società fornitrice) e in presenza di una oggettiva contestazione in ordine all’effettiva erogazione del servizio da parte dell’utente, non sono considerate prove sufficienti per dimostrare il credito vantato.

Pertanto, in caso di contestazione da parte dell’utente, è il fornitore del servizio idrico che ha l’onere di provare che il contatore sia stato perfettamente funzionante. Dal canto suo, il fruitore deve dimostrare che l’eccessività dei consumi sia dovuta a fattori esterni al suo controllo, che non avrebbe potuto evitare con un’attenta custodia dell’impianto, anche vigilando, con diligenza, per evitare eventuali intrusioni di terzi, in grado di alterare il normale funzionamento del misuratore o determinare un incremento dei consumi.

Non è sufficiente che il fornitore utilizzi come prova a proprio favore la fattura del servizio idrico e sullo stesso (non sull’utente!) incombe l’onere di dimostrare il buon funzionamento del contatore e la corrispondenza tra la misura letta e quella trascritta in fattura.

Tale principio, recentemente seguito anche dal Giudice di Pace di Frosinone (Sent. n. 599/2020), sebbene sia riferito al contratto di somministrazione del servizio idrico, viene ritenuto presentare una valenza generale (servizi di telefonia, luce e gas ed altri servizi essenziali).

Legge & Diritto è una rubrica quindicinale a cura della dott.ssa Francesca Santangelo.