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Sciacca. Marcia Terme a S. Calogero, la chiesa “sconfessa” il sindaco: opposizione, “superato senso della misura”


Dopo il flop numerico della “marcia per le Terme” a Palermo, il sindaco Valenti tenta la “rivincita” con una Marcia a S. Calogero”, ma la Chiesa la sconfessa e l’opposizione gira il dito nella piaga

Non è un bel momento per il sindaco di Sciacca Francesca Valenti e il suo “squadrone” di assessori, che ultimamente presi dalla frenesia o forse dall’angoscia per la corsa alle prossime elezioni comunali, non ne azzeccano una.

Diciamo le cose per come sono andate, la tanta strombazzata “Marcia per le terme” a Palermo, almeno numericamente non è stato un successo. La parte politica non la commentiamo. Nonostante la giunta abbia contattato tutto il contattabile e anche oltre, alla maratona erano presenti in pochi, di fatto solo chi è interessato, come sostenitore dell’attuale sindaco alle prossime elezioni, per il resto il nulla.

Ed allora Il sindaco che dopo quattro anni di dormiveglia, forse baciata in fronte da un Principe Azzurro, si è risvegliata, puntando la campagna elettorale sull’usato sicuro “Terme”, dopo il fallimento della marcia su Palermo ha puntato su quella più agevole, in termini di chilometri, di S. Calogero. Ma anche questa è andata male, infatti causa pandemia in corso, le gerarchie ecclesiali si sono premurate a puntualizzare che la chiesa non autorizzava nessuna marcia, ma solo la Santa Messa.

Goduria assoluta per gli ex consiglieri comunali, che con un comunicato a firma di Gaetano Cognata, Calogero Bono, Silvio Caracappa, Salvatore Monte, Giuseppe Milioti, Pasquale Bentivegna e Lorenzo Maglienti, hanno colto l’occasione per rigirare il dito nella piaga.

Di seguito il comunicato integrale.

Pensiamo si sia superato il senso della misura e della ragione. Siamo arrivati al punto che, pur di inseguire il populismo imperante a tutti i costi, si arriva alla strumentalizzazione delle celebrazioni religiose, spacciando per iniziativa del clero, qualcosa che il clero stesso, stante le limitazioni anti covid, aveva suo malgrado interdetto.

Crediamo che qualcuno debba fermarsi a riflettere che, così continuando, si perde il senso profondo dell’essere istituzione, la serietà dei comportamenti che, comunque, sempre devono caratterizzare chi ricopre cariche pubbliche.

C’è stata la marcia e sia! Passi pure, anche se non ha prodotto alcun effetto se non quello di acuire uno scontro istituzionale che non fa per nulla bene, rispetto all’obiettivo che si vuole raggiungere.
Ma adesso basta. Proviamo a lavorare. A proporre, a relazionarci con la Regione, possibilmente questa volta coinvolgendo tutti. Noi ci siamo e ci saremo, disponibili!
La città ha bisogno di riappropriarsi di una dimensione democratica, fatta di idee, di progettualità, di lavoro e non di inutili gesti simbolici, soprattutto se questi non sono il risultato di un sentire comune.

Ridiamo a Sciacca quella centralità e quella dignità, che è stata da tempo perduta, attraverso atteggiamenti non consoni alla sua storia ed alla sua tradizione.
Noi restiamo fedeli alla città, lontani dalla politicizzazione di certe iniziative che, a tutto puntano, tranne che ad unire. Striscioni politicizzati, interviste con gratuiti e continui insulti da chi rappresenta le istituzioni locali; rimandiamo, infatti, al mittente le dichiarazioni dell’assessore, con delega alle marce, anche quelle improvvisate.
Rimandiamo, inoltre, al mittente certe accuse sottotraccia del primo cittadino e del suo Onorevole di riferimento; politica di bassissimo livello.

A quanti hanno provato a denigrare gli assenti alla marcia chiediamo adesso di riempire di contenuti e di idee le proposte da sottoporre al governo regionale. A tutti i deputati regionali, di qualsiasi parte politica, chiediamo di darsi una smossa, seria, celere che faciliti l’iter che dovrà portare alla possibile soluzione di un una problematica che ha devastato la nostra economia.

Il tempo dell’arroganza ha generato comportamenti ai limiti della decenza. Ci si dia una seria regolata; si inizi dall’arrugginito palazzo di città, simbolo di un paese allo sbaraglio che vuol provare, in tutti i modi, a rinascere”.