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La transizione green voluta  dall’Europa a tutti i costi ci sta “costando” oltre il prevedibile e la Cina sorride

L’Europa ha puntato tutto sulla transizione green, ma le aziende locali produttrici di pannelli fotovoltaici e sistemi eolici sono sull’orlo del fallimento a causa della spietata concorrenza cinese

A denunciare la situazione è lo European Solar Manufacturing Council (Esmc), cioè la maggiore associazione continentale delle imprese manifatturiere del settore. Le aziende del vecchio continente stanno chiedendo aiuto alle istituzioni di Bruxelles per non essere costretti a trasferire o addirittura a fermare le proprie attività. Secondo Žygimantas Vaiciunas, direttore politico dell’Esmc, la maggior parte della produzione europea potrebbe persino essere chiusa entro tre mesi a causa dell’impossibilità di tenere il passo delle importazioni cinesi a basso costo. Ma fermare la spietata concorrenza cinese non è cosa semplice e a dirlo sono i numeri, basti pensare che al momento  Pechino copre circa l’80% della produzione mondiale del solare.

L’Esmc ha inviato una lettera alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, mettendola a conoscenza della problematica; “L’Ue sta entrando in una fase cruciale in cui, nelle prossime 4-8 settimane, i principali produttori europei di moduli fotovoltaici e i loro fornitori europei sono pronti a chiudere le linee di produzione”.  Secondo indiscrezioni, l’Ue potrebbe istituire un nuovo fondo del valore di 200-250 milioni di euro per sostenere il settore, oltre a promuovere un’indagine antidumping contro la Cina con conseguenti misure di difesa commerciale.

A confermare le preoccupazioni dell’Esmc, c’è anche il Financial Times, secondo cui quattro fabbriche europee di tecnologie per il fotovoltaico hanno chiuso o annunciato l’intenzione di farlo nelle ultime settimane. La svizzera Meyer Burger ha comunicato che ad aprile chiuderà il proprio impianto tedesco di moduli solari – uno dei più grandi d’Europa per volume – ed espanderà la produzione negli Usa, a meno che non riceva il sostegno del governo. E altrettanto potrebbero fare altre grosse aziende. 

Quindi sembrerebbe che se Bruxelles sganciasse più contributi il problema potrebbe essere almeno in parte risolto?  No, non è così, Paesi come la Germania hanno già avvertito che, senza i moduli cinesi, potrebbero aumentare i costi e i vincolanti obiettivi climatici fissati da Bruxelles potrebbero non essere dunque raggiunti.

Ma attenzione  oltre al fotovoltaico anche sull’eolico iniziano ad affiorare problemi simili. La multinazionale danese Ørsted, il più grande operatore eolico offshore del mondo, ha comunicato che sospenderà i suoi dividendi, taglierà ben 800 posti di lavoro e uscirà dai mercati in Spagna, Norvegia e Portogallo. Una scelta quasi obbligata, dopo che la società aveva visto crollare le proprie azioni di oltre il 70% rispetto ai record del 2021. Quindi  anche l’eolico si è trasformato da opportunità a comparto da salvare ed infatti l’Ue ha già annunciato un piano per fronteggiare la spietata concorrenza cinese e americana che ha tolto la leadership al Vecchio Continente. 

 La tanto decantata transizione green è sempre più in rosso e questo potrebbe essere solo l’inizio,  il settore auto con l’ avvento dell’elettrico obbligatorio, con il monopolio della batterie di ultima generazione in mano ai soliti cinesi, potrebbe essere la ciliegina sulla torta della folle corsa verso transizione green.