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Legge & Diritto. Indennità di accompagnamento: ecco a chi spetta e come richiederla


L’indennità di accompagnamento è una prestazione economica di assistenza non reversibile, erogata su richiesta e a favore dei cittadini per i quali è stata accertata la totale inabilità (100%), che siano residenti in forma stabile in Italia, indipendentemente dal reddito personale annuo e dall’età

Le condizioni previste per l’attribuzione dell’indennità di accompagnamento consistono alternativamente nella impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore ovvero nella incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita senza continua assistenza.

Sono “atti della vita quotidiana” quelle azioni elementari e anche relativamente più complesse non legate a funzioni lavorative, volte al soddisfacimento delle esigenze medie di vita rapportabili ad un individuo normale di età corrispondente, così da consentire, ai soggetti non autosufficienti, condizioni di vita esistenziali compatibili con la dignità della persona umana.

In particolare, sono atti elementari: fare il bagno; vestirsi; uso del gabinetto; mobilità; continenza; alimentazione.

Sono atti strumentali della vita quotidiana la capacità di usare il telefono, di fare acquisti e gestire il denaro, di preparare il cibo, di governare la casa, di cambiare la biancheria, di usare i mezzi di trasporto, di essere responsabili nell’uso dei farmaci.

Per il riconoscimento del beneficio non si tiene conto delle condizioni di reddito del beneficiario né sono previsti limiti di età minimi e massimi, ma è sufficiente la sussistenza dei requisiti suddetti.

La giurisprudenza di legittimità ha chiaramente affermato che il beneficio spetta anche in caso di perdita di uno soltanto degli atti del vivere quotidiano, purché la situazione di non autosufficienza, che è alla base del riconoscimento del diritto in esame, sia“caratterizzata dalla permanenza dell’aiuto fornito dall’accompagnatore per la deambulazione, o dalla quotidianità degli atti che il soggetto non è in grado di svolgere autonomamente: in tale ultimo caso, è la cadenza quotidiana che l’atto assunte per la propria natura a determinare la permanenza del bisogno, che costituisce la ragione stessa del diritto” (Sent. n.13362/2003).

Inoltre, le condizioni di invalidità che stanno alla base di tale diritto non devono riguardare la mera esecuzione di un compito motorio semplice di vita quotidiana, ma possono consistere anche nella capacità di utilizzare tutte le apparecchiature e strumentazioni necessarie alla sopravvivenza e capacità di autodeterminarsi.

Infatti, la Corte di Cassazione ha considerato configurabile il diritto all’indennità di accompagnamento anche in presenza di tutte quelle malattie che, per il grado di gravità espresso, comportano una consistente degenerazione del sistema nervoso ed una limitazione delle facoltà cognitive (ad es.: Alzheimer, Ictus, patologie psichiche e/o psichiatriche ecc…) o impedimenti dell’apparato motorio (ad es.: Parkinson, Sclerosi multipla, SLA ecc…) o che cagionano infermità mentali con limitazioni dell’intelligenza, e che, nello stesso tempo, richiedono una giornaliera assistenza farmacologia al fine di evitare aggravamenti delle già precarie condizioni psico-fisiche nonché incombenti pericoli per sé e per altri.

Queste, infatti, sono tutte condizioni patologiche che sono spesso destinate a gravare sulla vita delle famiglie che vedono uno dei loro componenti colpiti dalle suddette malattie.

Per ottenere l’assegno in oggetto deve essere inviata l’apposita domanda e, accertata la sussistenza dei requisiti sanitari e amministrativi previsti, la prestazione economica viene corrisposta per 12 mensilità, a partire dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda o, eccezionalmente, dalla data indicata dalle commissioni sanitarie nel verbale di riconoscimento dell’invalidità civile inviato dall’Istituto. Il pagamento dell’indennità, pari a 520,29 euro per l’anno 2020, viene sospeso in caso di ricovero a totale carico dello Stato per un periodo superiore a 29 giorni.

Qualora la domanda venisse respinta, contro il giudizio espresso dalla commissione medica dell’INPS è possibile promuovere ricorso giurisdizionale dinanzi al Giudice del Lavoro entro 6 mesi dalla notifica del verbale sanitario.

 

Legge & Diritto è una rubrica quindicinale a cura della dott.ssa Francesca Santangelo.