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Legge & Diritto. Strade private: chi può accedervi e cosa si rischia se si entra non autorizzati

Può capitare si imbattersi in una strada con all’ingresso un cartello con la scritta “Strada privata – Divieto di accesso” e magari anche con una sbarra, una catena o un cancello aperto, in questi casi entrare senza averne il permesso è reato penale

Innanzitutto bisogna stabilire cosa intende la legge per strada privata. Premesso che la proprietà privata, per legge, è un diritto garantito dalla Costituzione che viene riconosciuto in relazione a un bene, come un terreno o altra area e non è obbligatorio per i proprietari recintarla e chiuderla, trattandosi di un diritto esistente e già teoricamente delimitato, per cui il proprietario può liberamente decidere di mettere una sbarra, un cartello o altra recinzione. Ma non è necessario.

Le strade private vere e proprie possono essere ritenute quelle che vengono utilizzate da un numero ben definito e circoscritto di utenti per fini meramente privati: questa ipotesi si verifica in pratica solo per le strade senza uscita o per le strade all’interno di una lottizzazione privata.

Considerando che non è obbligatorio né necessario mettere una delimitazione per una strada privata, i proprietari che decidono di farlo, possono farlo con diverse modalità, scegliendo tra sbarra, muri, recinti, siepi, reti, filo spinato, catene o solo mettendo l’apposito cartello che riporta la dicitura Proprietà privata.

Le strade private spesso sono figlie di una lottizzazione privata e di conseguenza ad accedervi sono autorizzati non solo il proprietario iscritto nell’atto notarile della proprietà, ma anche i proprietari dei fondi che per accedere al proprio sono obbligati a passare da quella strada, che avranno diritto alla “servitù di passaggio”. La disciplina giuridica delle servitù di passaggio è contenuta nel codice civile, nel libro terzo “Della proprietà”, all’articolo 1027 e seguenti.

Vediamo in cosa consiste una servitù di passaggio

La servitù di passaggio è una limitazione imposta a un fondo (detto fondo servente) per l’utilità di un altro fondo (detto fondo dominante) che appartiene a un altro proprietario.

Chi può passare sulla servitù di passaggio

Di importanza fondamentale è stabilire chi può transitare sulla servitù di passaggio, se solo il titolare del fondo servente e i suoi conviventi, o anche i suoi parenti o gli estranei che si rechino a casa sua.

La questione è stata affrontata dalla Suprema Corte di Cassazione con una recente sentenza la n. 4821/2019 del 19/02/2019, che definisce, in modo definitivo, i rapporti di vicinato tra proprietari di terreni tra loro confinanti sui quali esiste una servitù di passaggio.

La Suprema Corte di Cassazione con questa sentenza sancisce che ha diritto a utilizzare la servitù di passaggio chiunque ha la necessità di recarsi sul fondo dominante, indipendentemente dal fatto che si tratti del titolare della relativa servitù o di estranei.

Nel caso di specie, la Suprema Cassazione ha riconosciuto al proprietario del fondo dominante la facoltà di mettere un cancello d’ingresso o altro e di consegnare le chiavi a chi ha il diritto della servitù.

Stabilito chi e come può passare su una strada privata, vediamo cosa dice la legge su chi, ignorando cartelli e orpelli vari, decide arbitrariamente di entrare in una strada privata.

L’abitazione rappresenta, in un certo senso, l’estensione della persona, dato che si tratta del luogo dove si svolge la vita privata e ci si sente al sicuro e protetti. Per questo motivo il legislatore ha previsto delle punizioni per chi si introduce in una dimora altrui senza averne il permesso.

Entrare in una proprietà privata, per di più segnalata con un apposito cartello o recintata a dovere, è una violazione di domicilio e, come tale, viene punita con la reclusione da sei mesi a tre anni, come previsto dall’art. 614 del codice penale, che testualmente recita:

Chiunque s’introduce nell’abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s’introduce clandestinamente o con l’inganno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni [615].

Alla stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro l’espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa [120].

La pena è da uno a cinque anni, e si procede d’ufficio, se il fatto è commesso con violenza sulle cose [392 2], o alle persone ovvero se il colpevole è palesemente armato”.

La legge quindi non punisce solo chi entra clandestinamente e con inganno, ma anche chi si trattiene in tali luoghi contro la volontà del proprietario. Si tratta di un delitto punibile su querela di parte, anche se è possibile agire d’ufficio nel momento in cui viene esercitata anche violenza su cose o persone, e quando il colpevole è armato. La vittima inoltre può agire per fare valere il proprio diritto di decidere in merito a chi fare entrare, e chi cacciare dalla propria proprietà.