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Riforma giustizia: per sequestrare cellulari e Pc serviranno due autorizzazioni del gip e una sorta di “udienza stralcio”

“In un cellulare c’è una vita intera e questa non può essere messa nella mani di un pm che poi con una firma se ne impossessa e magari dopo non vigila abbastanza sulla sua divulgazione

Lo ha detto il ministro alla Giustizia Carlo Nordio su Radio 24, nell’annunciare la novità in campo giudiziario. La novità ma soprattutto le parole del ministro non sono piaciute all’Associazione nazionale magistrati: “Colpisce che, per intervenire in materia di sequestro di cellulari e intercettazioni, si dipinga in modo indiscriminato il pubblico ministero come una figura oscura, fuori controllo, che si impossessa dei dati e non vigila sulla loro divulgazione”, ha detto all’Ansa la vicepresidente del sindacato delle toghe, la giudice del Tribunale di Napoli Alessandra Maddalena.

“È una continua opera di delegittimazione della figura del pm, che si vuole a tutti i costi rappresentare come estranea alla cultura della giurisdizione. – Ha aggiunto Alessandra Maddalena – E l’unico effetto sarà di privarlo delle garanzie di autonomia e indipendenza previste dalla Costituzione e di sottoporlo alla influenza del potere politico, a danno dei cittadini”.

Ma vediamo nel dettaglio in cosa consiste la riforma

Con la legge attuale il pm in autonomia può sequestrate un telefonino o un Pc con un semplice decreto motivato, ma con la nuova norma saranno necessarie due successive autorizzazioni del gip e nel mezzo una sorta di “udienza stralcio“. Di fatto una procedura lunga che richiede la partecipazione di avvocati e consulenti di parte, con al conseguenza che per acquisire uno smartphone e copiare il suo contenuto – procedura che al momento si completa anche in un giorno – servirà almeno una settimana.

Questa in sintesi la riforma sul sequestro dei cellulari annunciata dal governo, contenuta in un emendamento al disegno di legge sullo stesso tema, che da mesi è ferma in Commissione Giustizia al Senato. Giovedì, infatti, mentre il Guardasigilli Carlo Nordio presentava la stretta su giornali e radio, il relatore Sergio Rastrelli di FdI depositava una proposta di modifica al testo, che a suo avviso è la sintesi di “continue interlocuzioni” con l’esecutivo e con i proponenti, la senatrice leghista Giulia Bongiorno e l’azzurro Pierantonio Zanettin.

Al codice di procedura penale verrebbe aggiunto un nuovo articolo 254-ter, che disciplina il “Sequestro di dispositivi e sistemi informatici o telematici“. Ecco cosa prevede in sintesi: per acquisire uno smartphone o un pc, il pm deve chiedere l’autorizzazione al gip, che dispone il sequestro “con decreto motivato” solo quando è “necessario per la prosecuzione delle indagini, nel rispetto del criterio di proporzione”. Poi, “entro cinque giorni dal deposito del verbale di sequestro”, il pm “avvisa la persona sottoposta alle indagini, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione, la persona offesa dal reato e i relativi difensori, del giorno, dell’ora e del luogo fissati per il conferimento dell’incarico per la duplicazione del contenuto” del dispositivo – la cosiddetta “clonazione” o “copia forense” – “e della facoltà di nominare consulenti tecnici”. Allo “svolgimento delle operazioni di duplicazione” – che deve tenersi entro dieci giorni dall’avviso – potranno quindi partecipare sia i difensori che i consulenti di tutti i soggetti citati: potenzialmente decine di persone, ognuno di loro potrà formulare “osservazioni e riserve“.

Inoltre una volta effettuata la clonazione, se il pm vuole sequestrare “dati inerenti a comunicazioni, conversazioni o corrispondenza informatica inviate e ricevute”, deve chiederlo di nuovo al gip, che autorizza solo quando l’acquisizione è “assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini”. Entrambi i provvedimenti del giudice – quello per il sequestro del dispositivo e quello per il sequestro delle chat – sono impugnabili di fronte al Tribunale del Riesame e poi in Cassazione.