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Si in Commissione all’elezione diretta del Premier ma con limite dei due mandati: cancellato il premio di maggioranza al 55%

Approvato questa mattina dalla Commissione Affari costituzionali del Senato le modifiche all’articolo 3 del ddl sul cosiddetto premierato: tetto di due mandati (elevabile a tre) per il presidente del Consiglio, eliminazione della soglia del 55% dei seggi come premio di maggioranza, introduzione della possibilità di revoca dei ministri

L’articolo 3 è la norma-cardine della riforma e riscrive l’articolo 92 della Carta,che prevede l’elezione diretta del capo del governo. A novembre la prima versione, licenziata dal Consiglio dei ministri, stabiliva che la futura legge elettorale avrebbe dovuto garantire “il 55% dei seggi in ciascuna delle due Camere alle liste e ai candidati collegati” al premier.

Questa previsione aveva sollevato da subito fortissime critiche, perché non prevedeva un ballottaggio né una percentuale minima di consensi per far scattare il premio. La ministra delle Riforme Elisabetta Casellati (Forza Italia), a febbraio ha depositato un nuovo testo che cancella la quantificazione dei seggi da assegnare: si prevede soltanto che la coalizione vincente abbia garantita “una maggioranza in ciascuna delle Camere (…) nel rispetto del principio di rappresentatività”. A determinare l’entità del premio, dunque, sarà la legge elettorale.

La novità nei fatti però, non cambia quasi nulla: il premier, infatti, dovrà comunque avere a disposizione almeno la metà dei seggi più uno, e il ballottaggio e la soglia minima continuano a non essere previsti. Anche così, dunque, il candidato presidente del Consiglio che arriva primo potrà avere una maggioranza assoluta anche avendo ottenuto (in ipotesi) solo il 20% dei voti e la ministra Casellati incalzata dai giornalisti sul tema è stata evasiva: “Non so cosa ci sia da chiarire dal momento che la legge elettorale non c’è ancora. Chiarirò quando avrò presentato un testo su cui discutere. Ho già detto che questo testo sarà sottoposto prima di presentarlo, così come fatto con la riforma, anche alle opposizioni. Sempre per cercare una possibilità di incontro”.

Il relatore del premierato a palazzo Madama, il senatore di FdI Alberto Balboni sulla questione ha detto: “Di legge elettorale si parlerà dopo l’approvazione sia in Senato che alla Camera della riforma in prima lettura”, dice (i ddl costituzionali richiedono un doppio via libera in entrambi i rami del Parlamento).

Inoltre l’emendamento del governo prevede che il premier non possa restare in carica per più di due mandati: “Il presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto per cinque anni, per non più di due legislature consecutive“. Ma c’è un’eccezione: le due legislature possono diventare tre qualora il capo dell’esecutivo “abbia ricoperto l’incarico per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi“. Infine, al potere di nomina dei ministri si aggiunge quello di revoca: entrambi vengono attribuiti al presidente della Repubblica, su proposta del presidente del Consiglio.

L’obiettivo della maggioranza è di arrivare all’approvazione in prima lettura della riforma al Senato entro le Europee di giugno e questa settimana verranno votati a oltranza gli emendamenti agli articoli, dopodiché sarà approvato il mandato al relatore a riferire in Aula. Secondo Casellati il testo non uscirà dalla Commissione “almeno alla fine di questo mese“: “Comunque i tempi li determina sempre la discussione parlamentare, non è certo il governo che impone un tempo. Noi siamo sempre stati larghi anche sotto questo profilo”, rivendica.