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Usa. Repubblicani chiedono rimozione Biden con 25/mo emendamento per incapacità e deficit di memoria

È lo stesso emendamento ventilato più volte per rimuovere Donald Trump durante il suo mandato. Senatori repubblicani su X: “È in gioco la sicurezza del nostro Paese”. Lo Speaker della Camera Mike Johnson: “Biden inadatto allo Studio Ovale”

La richiesta dei repubblicani si appoggia al rapporto del procuratore speciale Robert Hur che ha indagato sulle informazioni riservate che Joe Biden ha conservato e a quanto pare condiviso – documenti sensibili ritrovati nelle sue abitazioni private e risalenti al periodo in cui era vicepresidente di Barack Obama. Le conclusioni dell’indagine scagionano Biden da responsabilità di ordine penale, ma contengono critiche taglienti alla sua gestione e alle sue capacità di memoria – che hanno fatto più danni di un’imputazione formale. Hur nell’indagine dice che il presidente ha conservato e condiviso intenzionalmente – con un suo ghostwriter – informazioni altamente riservate nel periodo in cui non ricopriva cariche amministrative: ma conclude anche che non ci sono elementi sufficienti per un’incriminazione. Il dipartimento di Giustizia, si sostiene, non potrebbe provare la responsabilità penale di Biden oltre ogni ragionevole dubbio, in particolare trattandosi di persona così anziana.

Ed proprio su quest’aspetto che ha irritato Biden, tanto che visibilmente arrabbiato ha convocato una conferenza stampa di fuoco, che i repubblicani hanno preso spunto per chiedere a gran voce il 25/mo emendamento della Costituzione per rimuovere Joe Biden dalla carica di presidente degli Stati Uniti, emendamento introdotto dopo l’assassinio di John F. Kennedy per sostituire il presidente Usa in caso di morte, destituzione, dimissioni o incapacità.

Hur infatti, nel suo rapporto, 345 pagine, sostiene che a causa dell’età avanzata la memoria dell’81enne Biden è “confusa”, “difettosa”, “scarsa” e con “limitazioni significative”. Si tratta di un’assoluzione per le responsabilità penali di Biden, ma un impietoso atto di accusa per le sue facoltà mentali. Si cita a esempio il fatto che il presidente non ricorderebbe eventi importanti della sua vita familiare: come la data della morte di suo figlio Beau – ucciso da un cancro nel 2015.

È evidente che lo scopo degli esponenti repubblicani è quello di ledere l’immagine del presidente in carica in vista dello scontro di novembre con Donald Trump per la Casa Bianca. La richiesta ‘informale’ si riferisce ad alcune recenti critiche taglienti alla sua gestione e alle sue capacità di memoria per cui il presidente Dem visibilmente arrabbiato ha convocato sui due piedi una conferenza stampa per rispondere di persona.

Alcuni senatori repubblicani hanno utilizzato la piattaforma social X per invocarlo: Rick Scott, Mike Lee e Josh Hawley e ancora i deputati Mary Miller, Marjorie Taylor Greene e Mike Collins. Claudia Tenney ha scritto anche una lettera al ministro della giustizia criticando le conclusioni del procuratore speciale Robert Hur, che non ha raccomandato accuse al presidente per la gestione incauta di documenti classificati: “Biden deve essere incriminato, oppure deve essere rimosso. Non c’è via di mezzo”. Anche numerose altre figure di Destra di alto profilo, come il fondatore di turning point Usa Charlie Kirk, il conduttore di un programma radiofonico Mark Levin e l’ex governatore del Wisconsin Scott Walker hanno suggerito di applicare il 25/mo emendamento. La procedura è stata invocata più volte anche per rimuovere Donald Trump durante il suo mandato.

Più cauti per ora i vertici del Grand Old Party, anche se lo Speaker della Camera Mike Johnson ha definito Biden “inadatto allo Studio Ovale”. Ma è comunque un colpo in vista delle presidenziali americane 2024.

Il 25/emendamento consente di rimuovere il presidente senza che sia necessario elevare accuse precise. È sufficiente che il vice presidente e la maggioranza del governo trasmettano una lettera al Congresso sostenendo che il presidente non è in grado di esercitare i poteri e i doveri del suo ufficio. In tal caso gli subentra il vicepresidente. Se il presidente si oppone, a decidere è la Camera, con i due terzi dei voti. Il caso più noto in cui si è fatto ricorso a questo emendamento è quando il vicepresidente Gerald Ford nel 1974 prese il posto di Richard Nixon, dimessosi dopo essere stato travolto dallo scandalo del Watergate.