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Crisi energetica. L’Europa ha speso 800 miliardi di euro, l’Italia 100: ecco il conto delle sanzioni alla Russia

Le sanzioni – incrociate – alla Russia costano caro soprattuto a chi le ha iniziate: tra aiuti a famiglie e imprese e riduzione del prelievo fiscale, i soli paesi dell’Unione europea hanno speso 681 miliardi di euro per la crisi energetica a cui si sommano 103 miliardi della Gran Bretagna

792 miliardi di euro, ecco a quanto ammonta il costo per i contribuenti europei della crisi energetica causata principalmente dalle sanzioni alla Russia, volute dall’Occidente a guida USA come strumento per contrastare Mosca a causa della guerra in Ucraina. La stima è stata calcolata dal think tank Brugel di Bruxelles e ripresa da Reuters.

Nello specifico, i paesi dell’Unione europea hanno speso ben 681 miliardi di euro a cui si sommano i 103 miliardi della Gran Bretagna ed altri 8 miliardi della Norvegia.

Dopo che Mosca ha deciso di ridurre le sue forniture di gas all’Europa come ritorsione alle sanzioni europee, gli stati del vecchio continente hanno disperatamente cercato approvvigionamenti alternativi dall’Africa – vicina a Mosca, come l’Algeria – e di Gnl spedito via nave – il gas naturale liquido che proviene principalmente da Stati Uniti e Qatar, quando non proviene dalla Cina essendo praticamente gas russo rivenduto da ditte cinesi – con il risultato che i costi sono di molto superiori rispetto a quelli praticati dalla Russia di quando era ancora un partner commerciale europeo.

A pagare il prezzo maggiore in Europa è stata così la Germania, avendo sborsato quasi 270 miliardi di euro, dopo Berlino ci sono Londra, Roma e Parigi, avendo spesso a testa meno di 150 miliardi di euro. Nel caso dell’Italia infatti, il costo sinora ammonta a “soli” 99 miliardi di euro, ossia il 5,6% del Prodotto interno lordo.

Un costo questo, alla lunga insostenibile per i governi che stanno tamponando i prezzi riducendo l’Iva sul gas e concedendo aiuti a imprese e famiglie a basso reddito. “Invece di misure di contenimento dei prezzi che sono di fatto sussidi ai combustibili fossili, i governi dovrebbero iniziare a promuovere più politiche di sostegno al reddito mirate alle fasce più deboli della popolazione e ai settori strategici dell’economia”, ha affermato l’analista di Brugel Giovanni Sgaravatti.