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L’Algeria nega alla Francia di attraversare con i caccia il suo spazio aereo per un eventuale attacco al Niger

L’Algeria ha detto “No” la richiesta della Francia di consentire ai suoi aerei militari di attraversare il suo spazio aereo per portare un eventuale attacco al vicino Niger, dopo il colpo di stato militare dello scorso 26 luglio che ha rovesciato il presidente Mohamed Bazoum

La decisone è stata resa nota dalla radio di Stato di Algeri, ieri 22 agosto, con un comunicato ufficiale, con il quale veniva precisato che fonti confermate affermano che “l’intervento militare è imminente e gli accordi sono pronti”. Poche ore dopo è arriva la smentita della Francia con un comunicato, ripreso dall’agenzia Reuters: “lo stato maggiore della difesa francese nega di aver richiesto di sorvolare il territorio algerino”.

L’Algeria, che come noto orbita nell’area della Russia, aveva però già espresso il 19 agosto, con una dichiarazione del ministero degli Esteri, il suo “profondo rammarico” per il fatto che “i paesi dell’Occidente danno priorità al ricorso alla violenza in Niger invece che alla via di una soluzione politica e negoziata che permetterebbe il ripristino del sistema costituzionale e democratico in modo pacifico”, sottolineando che, storicamente, gli interventi militari hanno portato nella regione più problemi che soluzioni.

Ed infatti la stessa posizione il giorno prima, era stata condivisa anche dall’ambasciatore russo ad Algeri, Valerian Shuvaev, che in una conferenza stampa presso la sede dell’ambasciata aveva spiegato che Mosca sostiene gli sforzi dell’Algeria per risolvere pacificamente la crisi in Niger, attraverso una mediazione che favorisca il dialogo rispetto all’uso della forza.

Il 15 agosto scorso, il capo di stato maggiore algerino, Said Chengriha, durante le attività della Conferenza sulla sicurezza internazionale a Mosca, aveva confermato che bisogna evitare interventi militari stranieri in Niger, affermando che la radice dei problemi nel Sahel ha origine nell’intervento militare della Nato del 2011 in Libia.