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Legge & Diritto. È possibile rescindere il contratto di affitto? Ecco quando la legge lo consente

Può succedere che dopo avere firmato un contratto che sia di acquisto o di affitto, ci si accorge che non è stato proprio un “affare” e si vorrebbe rescindere. Vediamo quando è possibile farlo

Innanzitutto vediamo cos’è la rescissione: “In diritto è l’azione intesa a togliere efficacia a un negozio giuridico con effetto retroattivo, giustificata da una sproporzione fra le prestazioni contrapposte che consegue all’abuso delle condizioni di debolezza (per stato di pericolo o stato di bisogno) di una delle parti”.

La rescissione quindi altro non è, che una forma legale per invalidare un contratto viziato da uno squilibrio delle prestazioni. Chiunque quindi può rescindere un contratto se ritiene di aver assunto un’obbligazione sproporzionata rispetto a quella della controparte.

Facciamo un esempio pratico: Un tizio acquista una casa di grande valore ad un prezzo stracciato, approfittando del fatto che il venditore si trova in uno stato di grave indigenza, in questo caso il venditore ci ripensa e decide di rescindere il contratto.

Per rescindere il contratto, oltre allo squilibrio contrattuale, occorre anche che tale situazione si sia verificata per via del consapevole approfittamento dello stato di pericolo o di bisogno in cui il “contraente debole” si trovava al momento della conclusione dell’accordo, come evidenziato nell’esempio. Il recesso dunque rende nullo il contratto o un accordo vincolante, mediante la semplice manifestazione di volontà unilaterale di una delle parti.

Il recesso può essere di due tipi:

legale: quando è riconosciuto direttamente dalla legge, senza che ci sia possibilità per le parti di modificarne le condizioni. È il caso, ad esempio, del diritto di recesso riconosciuto al consumatore nel caso di acquisti compiuti a distanza;

convenzionale: quando è previsto dalle parti, le quali sono libere di stabilirne le modalità.

Oltre al contratto esiste anche la disdetta che non interrompe bruscamente il vincolo contrattuale ma, più semplicemente, ne ostacola il rinnovo. Un esempio può essere il rinnovo di una polizza assicurativa e l’affitto di locazione, che con la dichiarazione della disdetta si manifesta alla controparte la volontà di interrompere e si impedisce il rinnovarsi del contratto in scadenza.

Il locatore, ovvero il proprietario dell’immobile può rescindere il contratto d’affitto?

Il locatore potrebbe rescindere il contratto di affitto ma a condizione che riesca a dimostrare che il canone mensile pattuito è irrisorio, di gran lunga inferiore ai valori medi, e che tale circostanza sia dovuta alla condizione di pericolo o di bisogno in cui versava al momento della conclusione del contratto, condizioni di cui il conduttore era a conoscenza e dalla quale ha tratto vantaggio.

Condizioni difficili da dimostrare per molti motivi: innanzitutto, è praticamente sempre il proprietario a dettare le condizioni della locazione; in secondo luogo, la rescissione sembra applicabile soltanto ai contratti istantanei e non a quelli di durata.

Può chiedere la rescissione chi, pur di ottenere del denaro che gli serve immediatamente, vende a un prezzo ridicolo un bene di valore; al contrario, non può rescindere il contratto il locatore che decide di affittare il proprio immobile a un prezzo particolarmente basso pur di trovare un inquilino disposto a viverci.

Inoltre il locatore non può recedere dal contratto, nel senso che non può interrompere l’affitto prima della sua naturale scadenza.

Se l’inquilino non paga il canone oppure non è in regola con gli altri obblighi, il proprietario può invece ricorrere al giudice per ottenere lo sfratto e, quindi, la risoluzione del contratto per inadempimento.

Il proprietario può disdire il contratto di locazione, impedendone il rinnovo alla scadenza, ma deve rispettare delle precise regole

Innanzitutto, il locatore è tenuto a comunicare al conduttore l’intenzione di disdire il contratto con un preavviso di sei mesi, mediante lettera raccomandata o pec.

La disdetta è valida solo al ricorrere di giustificati motivi previsti dalla legge; ad esempio:

  • il proprietario ha bisogno dell’immobile per sé o la sua famiglia;
  • l’inquilino ha disponibilità di traslocare in un appartamento nello stesso Comune;
  • l’inquilino, senza precise motivazioni, non occupa in maniera continuativa l’immobile;
  • l’appartamento si trova in un edificio gravemente danneggiato, che deve essere ricostruito o ristrutturato;
  • il proprietario vuole vendere l’immobile e non ha a disposizione altri appartamenti. In questo caso al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione come previsto dall’Art. 3, l. n. 431/98.

In pratica alla prima scadenza (in genere, dopo quattro anni dalla stipula), il proprietario può disdire il contratto impedendone il rinnovo automatico soltanto se tale intenzione è giustificata ed è comunicata tempestivamente all’inquilino.

Alla seconda scadenza contrattuale (dopo il secondo quadriennio, in pratica), invece, la disdetta non deve essere motivata: è sufficiente il rispetto del periodo di preavviso e della forma scritta.

Legge & Diritto è una rubrica a cadenza quindicinale.