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Niger: Arriva la Wagner nella capitale Niamey, manifestanti con bandiere russe e simboli della compagnia di Prigozhin

In Niger sale la tensione: arrivata la Wagner dal Mali, ma specifica “solo per un intervento limitato volto a mettere in sicurezza la capitale Niamey, se necessario”. Intanto ci sono crepe nella coalizione pro-francese, Ciad fuori dalla partita, senato Nigeria contrario a intervento militare

Diverse fonti riferiscono dell’arrivo di soldati della Wagner nella capitale del Niger, Niamey. Si tratta di specialisti militari che sono stati sposati dal vicino Mali. Ma non pare essere ancora in corso un trasferimento di massa di combattenti: una fonte interna alla Wagner ha presisato che il dispiegamento di unità della PMC di Prigozhin in Niger è “solo un intervento limitato, volto a mettere in sicurezza la capitale Niamey, se necessario”. La decisione di schierare truppe Wagner dentro e intorno alla capitale del Niger è stata presa “alla luce dell’attuale situazione della sicurezza e delle minacce straniere”. Gli uomini di Prigozhin sono arrivati in Niger dal Mali su un aereo da trasporto militare russo IL-76, ripreso in video.

Manifestanti in Niger con simboli della Wagner

Intanto gli stessi canali della Wagner hanno pubblicato foto relative a manifestanti in Niger che non solo scendono in piazza con bandiere russe e bruciano le bandiere francesi, ma espongono anche il logo Wagner PMC. ㅤ

Dalla Wagner scrivono: “Ora alla Francia vengono concessi 30 giorni per lasciare completamente il Niger, tuttavia, la Francia non ritirerà ancora i suoi militari dal paese, come ha detto il capo del ministero degli Esteri francese. La coalizione sta perdendo alleati in un’invasione militare. Il Senato della vicina Nigeria ha respinto la proposta del presidente di intervenire in Niger e il ministro della Difesa del Ciad ha rifiutato di interferire militarmente negli affari del Niger. E tutto questo sta accadendo sullo sfondo delle voci sul trasferimento di “Wagnerites” dal Mali . Le voci su questo ora provengono dall’intelligence statunitense”. ㅤ

Le sibilline frasi dell’Ufficio Stampa di Prigozhin rimarcano evidentemente le crepe che già si stanno facendo evidenti nella coalizione africana interventista e filo-francese. Se infatti a favore della giunta golpista ci sono Burkina Faso, Mali e Algeria, oltre che la Wagner, dall’altro invece ci sarebbero Nigeria, Costa d’Avorio, Senegal e Benin, ma non il Ciad.

Il Ciad filo-francese e che non fa parte dell’ECOWAS ha annunciato che non avrebbe interferito negli affari interni del Niger, malgrado i buoni rapporti con Parigi. Brutte notizie per il presidente deposto Mohamed Bazoum, che ha apertamente invocato un’invasione del Niger per rimetterlo al potere, a cui si aggiunge la notizia che il Senato della Nigeria si è dichiarato sfavorevole ad un’intervento militare in Niger. La cosa non è di poco conto considerato che proprio la Nigeria viene considarata la vera minaccia militare nel gruppo dei possibili interventisti, dato che dispone di un esercito di almeno 150mila uomini – alcuni analisti prospettano possa arrivare a 250mila in realtà – che dispongono di una buona esperienza militare acquisita attraverso la guerra permanente con i jihadisti di Boko Haram, ramo africano collegato all’ISIS.

A Niamey intanto – capitale del Niger – la giunta golpista sta dimostrando di non agire alla cieca: scaduto oggi l’ultimatum dato dall’Ecowas, arriva un ultimatum dai golpisti che appellandosi all’accordo di collaborazione tecnico-militare del 1973 hanno chiesto a Parigi che le 1500 truppe francesi di stanza in Niger lascino il territorio dell’ex colonia entro 30 giorni.

Il presidente spodestato Bazoum inoltre sembra visto non come un nemico da distruggere ma come merce di scambio da usare nelle contrattazioni con la Francia e l’Occidente, quindi pare chiaro che a Niamey vogliano risolvere i problemi diplomaticamente, o almeno prendere tempo finché il Paese non sarà stabilizzato sotto la nuova giunta. Da quanto si apprende infatti, la capitale sta venendo “ripulita” dai funzionari fedeli al presidente deposto, ma senza violenza: chi non è fedele alla nuova giunta viene solamente rimosso dalla carica.