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Reddito cittadinanza, l’Ue blocca il governo Meloni: “non può essere cancellato è obbligatorio un sostegno alla povertà”

La Commissione europea ha varato la raccomandazione che sarà adottata dal Consiglio con la quale  imporrà agli Stati di attrezzarsi con un sostegno adeguato per contenere la povertà. L’obiettivo è -15 milioni di poveri entro il 2030 con obbligo per gli Stati membri di rendicontazione ogni 3 anni

Il prossimo governo a guida Fdi ha più volte ripetuto che Reddito di cittadinanza, misura voluta e difesa dal Movimento 5 Stelle, va eliminato, motivando la posizione con affermazioni che l’Istat ha smentito con i numeri.

Pasquale Tridico, presidente dell’Inps,  ha  più volte sottolineato come non corrisponda al vero che “il Rdc e la Naspi incoraggino il rifiuto del lavoro”, e che anzi il peso sociale della misura è stata capace di evitare “a 1 milione di individui (circa 500mila famiglie) di trovarsi in condizione di povertà assoluta”. Tridico ha anche spiegato che  “La vera sfida è aumentare i salari”, sottolineando che le donne che percepiscono il sostegno al reddito “fanno più figli”. Ma che la natalità passi anche per la stabilità economica delle famiglie è un dato notorio confermato da molti studi.

Le parole del presidente dell’INPS però sono state ignorate sopratutto da FdI, ma oggi sulla questione è intervenuta l’Unione europea che ha varato la raccomandazione che imporrà agli Stati di attrezzarsi con un sostegno adeguato per contenere la povertà. L’obiettivo è -15 milioni di poveri entro il 2030 con obbligo per gli Stati membri di rendicontazione ogni 3 anni.

Gli Stati dell’Unione dovranno dunque introdurre nelle legislazioni misure adeguate per contenere la povertà, soprattutto in un periodo come questo in cui alla mancanza di lavoro si aggiungono gli effetti dell’inflazione e l’aumento esponenziale delle tariffe energetiche che gravano sulle famiglie. “Se si abolisse di punto in bianco” il reddito di cittadinanza, ha detto in conferenza stampa il commissario per l’occupazione e i diritti sociali, Nicolas Schmit, “facendo sì che quelli che non hanno accesso al lavoro si trovino in una situazione di privazione assoluta e povertà, nella speranza che queste persone si precipitino sul primo lavoro che trovano, credo non funzionerebbe. Quello che è importante – ha spiegato – è che il reddito minimo sia legato fortemente alle politiche di accompagnamento e di inclusione nel mercato del lavoro”.

Nello specifico, la proposta di raccomandazione al Consiglio, presentata mercoledì dalla Commissione europea, chiede un reddito minimo adeguato affinché si riesca a raggiungere l’obiettivo di far uscire le persone dalla povertà e, contemporaneamente, si favorisca l’integrazione nel mercato del lavoro di quanti possono lavorare. La Commissione sottolinea infatti che “i regimi di reddito minimo non sono uno strumento passivo, ma fungono da trampolino di lancio per migliorare l’inclusione e le prospettive occupazionali”. La necessità propugnata è quella di trovare un equilibrio tra l’alleviare la povertà, incentivare il lavoro e mantenere costi di bilancio sostenibili.

Dice infatti la commissione che un reddito minimo adeguato è molto importante nell’attuale contesto di aumento dei prezzi dell’energia e dell’inflazione a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, poiché le misure di reddito possono essere mirate a beneficio specifico dei gruppi vulnerabili.

Gli obiettivi di contenimento della povertà che l’esecutivo europeo si è dato per il 2030, scrive l’Agi, consistono nel ridurre il numero di persone a rischio povertà ed esclusione di almeno 15 milioni, sviluppando la capacità di dare lavoro a almeno il 78% della popolazione di età compresa tra i 20 e i 64 anni. Per l’Ue è importante anche arrivare a un processo di adeguamento delle misure dei singoli Stati. Ad essi si raccomanda infatti di “migliorare” l’adeguatezza del sostegno al reddito attraverso metodi trasparenti e forti.

In particolare, l’accesso al sostegno deve essere semplice con procedure di richiesta “accessibili, semplificate e accompagnate da informazioni di facile utilizzo”. D’altro canto, “la decisione sulla domanda di reddito minimo dovrebbe essere emessa entro 30 giorni dalla sua presentazione”, è specificato nella risoluzione. Ogni anno inoltre gli Stati dovrebbero riesaminare la misura e adeguare il livello di sostegno al reddito: tutto però va fatto “entro il 2030” e salvaguardando la “sostenibilità delle finanze pubbliche”.

Se il reddito minimo deve rispondere alle crisi socioeconomiche è necessario che esso divenga più flessibile nell’accesso, in modo da accogliere più richieste in casi particolari. Ma, contemporaneamente, sarà necessario rendere il mercato del lavoro più inclusivo così che “le misure di attivazione dovrebbero fornire incentivi sufficienti per ri-entrare nel mercato del lavoro, con particolare attenzione ai giovani adulti”. E quindi quello che si raccomanda è che gli Stati prevedano l’istruzione e percorsi di formazione inclusivi, nonché un sostegno al post-collocamento e al tutoraggio.

Ma, dice la raccomandazione, dovrebbe essere possibile combinare il sostegno con periodi iniziali di reingresso nel lavoro, cumulandolo con tirocini e periodi di prova. E’ fondamentale però che i percettori possano accedere facilmente ad altre misure essenziali come l’assistenza sanitaria, l’istruzione e la formazione e, parimenti, dovrebbero avere garantito l’accesso all’energia.

Per l’Ue il sostegno deve essere personalizzato, ovvero cucito addosso alle caratteristiche delle persone che lo percepiscono. La valutazione deve essere “individuale e multidimensionale” dei bisogni per identificare sia i problemi che rendono difficile l’inclusione sociale sia le soluzioni per abbatterli. “Su questa base, entro tre mesi dall’accesso al reddito minimo, i beneficiari dovrebbero ricevere un piano di inclusione che definisca obiettivi comuni, un calendario e un pacchetto di sostegno su misura per raggiungerli”, sottolineato la Commissione.

E perché tutto ciò possa essere effettuato, l’Unione Europea mette a disposizione degli Stati membri fondi adeguati perché le politiche di sostegno al reddito possano essere attuate. Per questo sarà fondamentale aumentare l’efficacia della governance delle reti di sicurezza sociale a livello europeo, nazionale, regionale e locale. “I finanziamenti dell’Ue sono disponibili per sostenere gli Stati membri nel miglioramento dei loro regimi di reddito minimo e delle infrastrutture sociali attraverso riforme e investimenti”, si legge nel documento.

La raccomandazione, come detto, andrà ora adottata dal Consiglio e quando questo avverrà, gli Stati membri saranno obbligati a riferire alla Commissione ogni tre anni sui loro progressi nell’attuazione.