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Salute & Benessere. Steatosi epatica infantile: si accende la speranza

Si chiama malattia del fegato grasso, porta all’accumulo di collagene nelle cellule del fegato ed è molto diffusa nei paesi industrializzati dove c’è grande disponibilità di cibo

La Steatosi epatica infantile è l’effetto del cibo elaborato e calorico, uniti ad altri stili di vita poco sani, che favoriscono sovrappeso e obesità e che sono fattori di rischio per lo sviluppo di questa patologia. Ed è sorprendente, oltre che preoccupante, scoprire che nel nostro paese il 15% dei bambini (l’80% negli obesi) è affetto da questa malattia detta anche steatosi epatica non alcolica.

Si tratta di bimbi che, oltre a presentare scompensi metabolici già in giovane età, rischiano di sviluppare la forma più grave della steatoepatite non alcolica pediatrica (Nash) che, con la crescita e senza alcun tipo di intervento, può aggravarsi fino a diventare cirrosi epatica e sviluppare comorbilità come diabete mellito di tipo 2, sindrome metabolica, malattie cardiovascolari.

Grazie ad un recente studio, i cui risultati sono stati pubblicati su PlosOne, i medici dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, hanno trovato una terapia che ha bloccato l’aggravamento della patologia e portato a significativi miglioramenti dei parametri metabolici in 43 bambini.

L’evidenza da cui è partito questo nuovo studio è che oltre la metà dei bambini con fegato grasso presenta anche carenze di vitamina D. E uno studio precedente, sempre del Bambino Gesù, aveva dimostrato che questa correlazione è un indicatore di maggiore gravità della fibrosi. Così i ricercatori hanno messo a punto una terapia che prevede la somministrazione di acido docosaesaenoico (DHA) e vitamina D per 6 mesi. E i risultati, su 43 piccoli pazienti, sono stati buoni sia sui sintomi che sulle cause del peggioramento della malattia.

Infatti, oltre ai miglioramenti dei parametri metabolici, come la resistenza insulinica periferica, i valori di trigliceridi e le transaminasi, l’azione combinata dei due principi attivi ha bloccato l’attività delle cellule che provocano l’accumulo di collagene nel fegato. Di conseguenza, si è risolta la componente fibrotica del fegato, che è una delle cause principali dello sviluppo della cirrosi. Se, infatti, il DHA agisce sull’accumulo di grasso e sull’infiammazione epatica, da solo, senza vitamina D, non riesce a contrastare la fibrogenesi, come ha dimostrato lo studio stesso.

Secondo Valerio Nobili, responsabile dell’unità operativa di Malattie Epato-Metaboliche del Bambino Gesù, “possiamo dire che per questi bambini con fegato grasso infiammato oggi abbiamo una valida soluzione terapeutica, una terapia che fino a ieri non era disponibile e che da oggi sarà facilmente prescrivibile anche da un pediatra di base. Ma la ricerca non si ferma qui perché, una volta bloccata la progressione della malattia, il desiderio è quello di farla regredire”.

 

Salute & Benessere è un rubrica medica curata dal dott. Accursio Miraglia.