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Spagna: vincono i Popolari ma non hanno i numeri per governare, Vox non sfonda e incolpa Feijòò

Non c’è stato il trionfo delle destre pronosticato dai sondaggi. I Popolari diventano il primo partito, ma non hanno la maggioranza per governare neanche con  i nazionalisti di Vox che arretrano e danno la colpa della sconfitta ai popolari 

Nelle elezioni di ieri in Spagna si è concretizzato il risultato peggiore possibile: non c’è una maggioranza.  L’affluenza è stata del 70,4%, non male considerato il caldo afoso e i tanti elettori già in ferie. Il Partito Popolare avanza, arriva al 36% prende 136 seggi in Parlamento, ben 47 in più delle scorse elezioni, ma non ha i numeri per governare nè da solo e nemmeno con le destre.

Per aveva la maggioranza assoluta ci vogliono  176 seggi, quindi neanche con i sovranisti di Vox, che  con il 12,4%, ne hanno persi 19, scendendo a 33, si raggiunge il quorum. Sumar prende il 12,3% e 31 seggi, mentre  Il Psoe di Sanchez guadagna due seggi, salendo a quota 122, con il 31,7%. 

In Senato, invece, il Pp può contare su una maggioranza assoluta di 143 eletti, contro i 92 dei socialisti. Il leader del Partito Popolare di Alberto Nuñez Feijòò,  sperava di conquistare abbastanza voti per poter fare a meno di Vox o, quantomeno, di averlo al governo con un appoggio esterno e questo perché Feijòo, galiziano, non nutre simpatia per  Vox, ostile alle autonomie, che in campagna elettorale ha sempre cercato di marcare la distanza.

Il leader di Vox, Abascal, al contrario voleva un’alleanza organica basata su un programma condiviso, ma Feijòo, con il suo appello al voto utile, è riuscito a contenerlo ma se lo è inimicato. Nelle dichiarazioni successive allo scrutinio, Abascal ha attaccato Feijòò in modo diretto, dandogli la colpa di non aver voluto costruire “un’alternativa” e alludendo alla possibilità di restare all’opposizione, ovvero di non sostenerlo nel suo tentativo di formare un governo.

Adesso ad Alberto Nuñez Feijòò non resta che tentare di costruire una maggioranza, ma il ritorno alle urne, appare già come una prospettiva tutt’altro che utopistica.