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Ucraina, Nato frena su caccia e nuovi missili: “no armi per colpire Russia. Guerra non eterna: Zelensky dovrà fermarsi”

Brusca frenata della Nato su invio di caccia e nuovi missili in Ucraina: “Così rischiamo un nuovo Afghanistan” e il vertice dei ministri della Difesa a Bruxelles invia a Kiev un messaggio chiaro: “no ad armi per colpire la Russia o che portino l’alleanza in guerra, che non potrà essere eterna: Zelensky dovrà fermarsi”

Dopo la prima giornata del vertice dei ministri della Difesa della Nato che si sta svolgendo a Bruxelles, il messaggio riservato che gli Stati Uniti hanno inviato a Kiev è stato sintetizzato con queste parole: “L’Ucraina non può essere il nuovo Afghanistan”evidenziando che al momento non c’è un coinvolgimento diretto degli Usa e dell’Alleanza nel conflitto. La Russia però come più volte comunicato, sopratutto dopo il si ai tank tedeschi Leopard, la pensa diversamente.

Ma Washington, che appare assai preoccupata e dopo vedremo perché, di essere coinvolta direttamente in una guerra con i russi, in questo contesto guarda soprattutto al fattore tempo, puntualizzando che è impensabile che la guerra duri venti anni. Gli Stati Uniti infatti per propria ammissione non reggerebbero un sostegno di così lungo periodo, il che – almeno ufficialmente – non vuol dire che pensano di assecondare le richieste di Putin ma che Zelensky nell’immediato deve essere pronto ad una battaglia durissima, per poi sedersi eventualmente al tavolo delle trattative in una posizione di forza. Parole che alla luce di quello che accade sul campo, appare più come un desiderio che come realtà fattibile.

La Nato ormai è consapevole che la guerra sta entrando in una fase nuova, con l’esercito russo che sta già sferrando un nuovo violento attacco. Arrivano notizie infatti di un ammassamento di aerei ed elicotteri al confine ucraino, pronti ad entrare in azione a supporto all’avanzata delle migliaia soldati delle truppe di terra russe. Da qui i dubbi sugli aiuti da fornire a Kiev emersi durante il summit Nato di ieri, derivati dal fatto che buona parte dei servizi segreti americani ed europei sono ormai convinti che i piani di azione russi puntano alla conquista di tutta L’Ucraina e non solo del Donbass. Prospettiva quest’ultima inaccettabile per gli Usa che vogliono evitare di trasmettere un segnale sbagliato alla Cina con la quale pare ormai certo che si aprirà un secondo fronte di guerra.

Ma ciò che più inquieta la Nato e Biden è la tenuta nervosa di Zelensky, che ha già dimostrato di non concordare la azioni contro Mosca con l’Occidente e la fornitura di caccia potrebbe portare al rischio di coinvolgere direttamente la Nato nel conflitto. Non si può infatti escludere che Kiev qualora si trovasse in un momento di particolare tensione, potrebbe reagire usando i missili a lungo raggio per attaccare in profondità il territorio russo e magari la stessa Mosca, circostanza che se accadesse farebbe saltare qualsiasi equilibrio.

Inoltre tra i ministri della Difesa della Nato, ieri circolava un report non classificato in cui si faceva riferimento proprio agli Atacams, Army Tactical Missile System, ossia i missili a lungo raggio, che Zelensky continua a chiedere con insistenza. Ma Washington su questo punto è molto scettica, in primis perché con la una situazione che si è creta con la Cina dopo l’abbattimento del pallone spia, la possibilità che nei prossimi mesi si possa verificare l’apertura di un nuovo fronte anche nell’area dell’Indo-Pacifico, è più che concreta e l’amministrazione Biden è preoccupata di non avere abbastanza missili a lunga gittata per contrastare simultaneamente Russia e Cina, sempre che nel caos generale che si creerebbe, la Corea del Nord non decida di passare dalle dimostrazioni fatte in questi mesi ai fatti.

Gli stessi dubbi sono alla base del rifiuto di inviare jet in Ucraina: “È importante che la Nato non faccia parte del conflitto”, ha ripetuto il segretario generale Jens Stoltenberg. Fornire i caccia comporta una serie di problemi logistici che potrebbero essere risolti facilmente solo con una “No fly zone”. E comunque, se nel “trasferimento” dei velivoli si verificasse un qualsiasi tipo di incidente, cosa accadrebbe? L’Alleanza atlantica potrebbe essere direttamente coinvolta. Non a caso ieri tre caccia russi hanno invaso lo spazio aereo polacco. Perché una delle soluzioni è l’invio a Kiev dei vecchi Mig in dotazione all’aeronautica di Varsavia. E perché la Polonia è di certo il Paese Nato più sensibile rispetto alle pretese espansionistiche del Cremlino. Molto spesso i rappresentanti polacchi, in questo senso, devono essere “calmati” dagli altri alleati.

Ma non è finita, come più volte ammesso sia dalla Nato che dagli Stati Uniti, quello che preoccupa è la mancanza di munizioni in possesso dell’Occidente: “La guerra in Ucraina ne sta consumando un’enorme quantità – ha osservato ancora Stoltenberg – e sta esaurendo le scorte alleate. L’attuale tasso di consumo è molte volte superiore al nostro attuale tasso di produzione. Questo mette a dura prova le nostre industrie della difesa”.

Anche prima della guerra in Ucraina, i Paesi del patto Nato non avevano raggiunto gli obiettivi di stoccaggi e questo perché quasi tutti erano convinti che le guerre di logoramento con battaglie di artiglieria su larga scala erano solo un ricordo del passato. Questo ha portato a non accumulare scorte di munizioni e le criticità riguardano i proiettili da 155 mm utilizzati negli obici, i missili Himars (lanciarazzi leggeri) e i sistemi di difesa aerea come IRIS-T, Patriot e Gepard.