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Covid. “Dati contagi falsificati per non fare scattare la zona rossa”: 3 arresti e indagato l’assessore Razza


Blitz dei carabinieri sui dati dei contagi. Tre gli arrestati e avviso di garanzia per l’assessore alla Sanità Razza: sono tutti accusati di vari episodi di falso materiale e ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico

I carabinieri di Trapani insieme ai Nas di Palermo, su mandato dalla procura della Repubblica che conduce l’inchiesta che si basa su intercettazioni comprese tra novembre e marzo di quest’anno, hanno notificato tre provvedimenti di arresti domiciliari e indagato l’assessore Razza. Secondo il gip, il presidente della Regione Nello Musumeci sarebbe stato ingannato e tenuto all’oscuro della vicenda.

Secondo quanto sta emergendo dalle indagini, i dati dei contagi da covid in Sicilia, negli ultimi cinque mesi, sarebbero cresciuti più volte in modo preoccupante, ma sarebbero stati tenuti nascosti e alterati  dai vertici dell’assessorato alla Salute  per mantenere l’indice sotto i livelli di guardia.

Inoltre ci sarebbero intercettazioni che oltre sulla presunta falsificazione dei dati dei contagi in Sicilia sui referti positivi, i vertici dell’assessorato alla Sanità guidato da Ruggero Razza, avrebbero pianificato di “spalmare” i dati relativi ai decessi causati dal coronavirus,, con lo scopo di alterare la realtà.  Le cimici avrebbero registrato Razza e la Di Liberti: “Spalmiamoli un po” dice l’assessore e la Di Liberti spiega come si comporterà, anche con i decessi dell’ospedale San Marco di Catania, dove risultano 6 morti e quelli avvenuti in altre strutture sanitarie del ragusano.

Queste le pesanti accuse mosse dalla procura di Trapani, che questa mattina, con un bliz dei carabinieri del comando provinciale e del Nas ha notificato tre provvedimenti di arresti domiciliari ad una dirigente generale della Regione e a due suoi collaboratori, oltre ad un avviso di garanzia e un invito a comparire, per essere interrogato all’assessore Ruggero Razza. L’ accusa per tutti è “di falso materiale e ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico”. Gli episodi contestati, l’ultimo dei quali risale al 19 marzo, sono quaranta. 

Ai domiciliari sono andati Maria Letizia Di Liberti, dirigente generale del Dipartimento per le attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico, il braccio destro dell’assessore Razza; Salvatore Cusimano, funzionario regionale, ed Emilio Madonia, dipendente di una ditta che gestisce i flussi informatici dell’assessorato.

I provvedimenti restrittivi sono stati chiesti dal procuratore facente funzione di Trapani Maurizio Agnello e le sostitute Sara Morri e Francesca Urbani. L’ordinanza di custodia cautelare è stata firmata dal gip di Trapani Caterina Brignone, che ha riconosciuto la fondatezza della ricostruzione dei pm e la necessità di intervenire d’urgenza, ma si è poi dichiarata incompetente – così come segnalato dalla procura – trasmettendo gli atti a Palermo. Secondo il giudice per le indagini preliminari, ci si trova di fronte aun disegno politico scellerato a cui sembra estraneo il presidente della Regione Musumeci, che anzi  pare tratto in inganno dalle false informazioni che gli vengono riferite”.

Nell’inchiesta risultano indagati anche il vice capo di gabinetto dell’assessore Razza, Ferdinando Croce e Mario Palermo, direttore del Servizio 4 del Dipartimento retto da Maria Letizia Di Liberti.

L’inchiesta dei carabinieri è stata avviata l’anno scorso,  ma su un laboratorio di Alcamo che avrebbe rilasciato centinaia di tamponi, giudicati erroneamente negativi invece che positivi. Da qui i pm hanno deciso di fare un approfondimento all’assessorato regionale alla Sanità, attivando alcune intercettazioni, dalle quali sono emerse le prime conversazioni sospette in cui si parlava di modificare i dati giornalieri dei contagi e dei tamponi. Conversazioni che si sarebbero ripetute con cadenza preoccupante.

Sempre secondo gli inquirenti, a gestire i dati sarebbe stata Maria Letizia Di Liberti, in servizio alla Regione dal 1992, persona stimata dalle varie maggioranze e opposizioni che si sono succedute nel tempo per il suo ruolo di tecnico, unica ombra nella carriera un’inchiesta per peculato nel 2018, per alcune indennità non dovute.

Nei mesi più intensi della pandemia, la dirigente generale Maria Letizia Di Liberti aveva avviato una battaglia per mettere ordine al caos imperante nella raccolta dei dati su contagi e tamponi. A novembre, aveva scritto una nota dai toni perentori a tutte le aziende sanitarie. Iniziava così: “L’omissione o l’incompleta registrazione dei dati sulla piattaforma informatica da parte dei soggetti coinvolti nel processo di esecuzione e/o analisi dei tamponi, costituisce una grave inadempienza che rischia di compromettere la qualità delle analisi e delle valutazioni sull’andamento dell’epidemia e, conseguentemente, di indurre i decisori ad attuare misure di contenimento non proporzionate al quadro reale epidemiologico”.

I magistrati hanno disposto l’acquisizione di telefonini e solo le copie dei dati di computer e server dell’assessorato, questo perché in un momento di emergenza sanitaria la complessa macchina della sanità non può essere fermata.