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Delitto Gambirasio, forse manomesso il Dna di Ignoto1: indagati giudice e funzionaria del tribunale di Bergamo

Il Dna di “Ignoto 1” non c’è più, la traccia che ha permesso di risalire a Bossetti non sarebbe più disponibile e i PM di Venezia indagano un giudice e una funzionaria del tribunale di Bergamo. L’accusa è frode in processo e depistaggio

La procura di Venezia indaga ancora sull’omidicio di Yara Gambirasio, la tredicenne di Brembate di Sopra (Bergamo) scomparsa il 26 novembre del 2010 e ritrovata assassinata il 26 febbraio dell’anno successivo. L’inchiesta è condotta dal procuratore aggiunto Adelchi D’Ippolito che – come scrive il Corriere del Veneto – ha iscritto nel registro degli indagati il presidente della Prima sezione penale del tribunale di Bergamo, Giovanni Petillo, e la funzionaria responsabile dell’Ufficio corpi di reato, Laura Epis, con l’ipotesi di reato prevista dall’articolo 375 del codice penale: frode in processo e depistaggio. I due indagati che nei mesi scorsi hanno ricevuto l’avviso di proroga dell’indagine, secondo l’accusa, avrebbero alterato i reperti biologici che hanno inchiodato Bassetti.

L’ipotesi di alterazione era stata denunciata da Massimo Bossetti, muratore di Mapello, condannato in via definitiva all’ergastolo, il 12 ottobre 2018 il cui Dna nucleare era risultato sovrapponibile con quello dell’uomo definito “Ignoto 1″ dagli inquirenti rilevato sugli indumenti intimi di Yara nella zona colpita da arma da taglio e ritenuto dall’accusa l’unico riconducibile all’assassino.

A seguito della denuncia degli avvocati di Bossetti, che nel 2021 si erano già visti respingere la richiesta di riesaminare i reperti confiscati dopo la sentenza definitiva, in particolare le tracce di Dna, i magistrati di Bergamo, in accordo con la Corte d’Assise orobica, nel giugno 2021 avevano trasmesso per competenza ai colleghi dell’ufficio di Venezia gli atti “per le opportune valutazioni”.

I 54 campioni trovati sugli abiti della tredicenne, sono la prova principe del processo, da sempre contestata dagli esperti della difesa, che però si sono sempre visti respingere le richieste di riesaminare i reperti confiscati dopo la sentenza definitiva.

Già nel dibattimento era in realtà emerso che la traccia decisiva per estrarre il profilo di “Ignoto 1” non sarebbe stata più utilizzabile in quanto “definitivamente esaurita”. Ma stando alla denuncia presentata da Bossetti tramite i suoi legali, l’avvocato Claudio Salvagni, vi sarebbero campioni “prima scomparsi e poi ricomparsi” e l’ipotesi che il materiale confiscato “sia stato conservato in modo tale da farlo deteriorare”, vanificando così ogni tentativo di nuove indagini.

L’indagine sarebbe prossima alla chiusura, ma dal procuratore aggiunto Adelchi D’Ippolito, titolare del fascicolo, che nei mesi scorsi aveva ascoltato come testimoni i titolari dell’accusa al processo per l’omicidio della 13enne Yara e alcuni investigatori, c’è il massimo riserbo.