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EU o con le buone o con le cattive. Von der Leyen minaccia Italia: “Se cose si fanno difficili abbiamo strumenti”

E’ democrazia solo se piace all’UE e se non le piace ci sono “gli strumenti” nelle mani della Commissione: Ursula von der Leyen non lo nasconde neppure, se l’esito del voto in Italia dovesse consegnare un governo non in linea con Bruxelles ci penserà la Commissione – il braccio esecutivo UE – a raddrizzare la situazione

La Commissione Europea parla chiaro, senza mezzi termini, senza possibilità di fraintendimenti di sorta. Il quotidiano La Repubblica parla di “vero e proprio avvertimento”, ma forse sarebbe meglio definirla minaccia.

Se dalle elezioni del prossimo 25 settembre 2022 dovesse uscire – secondo volontà popolare – un governo italiano di centrodestra, a guida Fratelli d’Italia e con Giorgia Meloni come leader che dovesse rendere “le cose difficili” per Bruxelles, allora la presidente della Commissione Europea – l’organo esecutivo UE – Ursula von der Leyen mette in chiaro che ci sono “gli strumenti” per rimettere Roma in riga, secondo i dettami europei.

UE o con le buone o con le cattive. E’ questo il sunto del discorso delle parole di Ursula von der Leyen rilasciate alla stampa a margine del suo intervento all’università di Princeton, a pochi chilometri da New York e dalla tesa assemblea ONU di questi giorni.

“La democrazia – quella secondo gli standard europei, s’intende – è un costante lavoro in corso – dice la presidente della Commissione -, non è mai al sicuro. Non puoi metterla in una scatola e basta”.

La von der Leyen facendo poi riferimento al recente voto svedese, dove ha prevalso la destra sovranisti anti-immigrazione, ha detto: “Vedremo l’esito. – riguardo l’Italia – Abbiamo avuto elezioni anche in Svezia. Il mio approccio è che qualunque governo democratico sia disposto a lavorare con noi, noi lavoriamo insieme”. 

Il problema però sembra stare proprio nell’aggettivo “democratico”, dove non basta che un governo sia democraticamente eletto, ma deve essere “democratico” secondo il punto di vista europeo, con le riforme europee. E se così non fosse? Presto detto: “Se le cose vanno in una direzione difficile, ho già parlato di Ungheria e Polonia, abbiamo gli strumenti. – dice – Se invece vanno nella direzione giusta, allora i governi responsabili possono sempre giocare un ruolo importante”.

Insomma, è una questione di direzioni e per l’Italia, dal punto di vista del Presidente dell’esecutivo europeo, ci sono due scelte: o imboccare la direzione “giusta” – sempre dal punto di vista UE, adottando i provvedimenti legislativi e non solo dall’UE voluti – o oppure l’attivazione degli “strumenti” fino a quando non lo farà. E che sono questi “strumenti”? “Sanzioni”, punizioni. Non come quelle anti-russe, quasi. Come quelle verso Varsavia o quelle minacciate di recente alla Budapest di Victor Orban, ossia, in un momento di massima delicatezza finanziaria con una recessione alle porte e l’inflazione galoppante, la Commissione può bloccare i fondi del Pnrr e non solo quelli, ma anche tutti i fondi europei.

Per l’Italia parliamo di cifre importanti che potrebbero svanire: oltre 70 miliardi di euro di fondi coesione e 150 miliardi di euro di Recovery fino al 2026 che però sono condizionati dal rigido rispetto delle riforme da fare nel Bel Paese e da dimostrare a Bruxelles.

Del resto l’associazione fatta dalla von Der Leyen è lapalissiana: l’Italia nella stessa frase con due nazioni a trazione sovranista e già oggetto di avvertimenti riguardo il possibile blocco dei contributi UE (per i quali ricordiamo, tutte le nazioni dell’Unione – Italia compresa – sborsano quota parte da ridividere successivamente, “soldi che escono fuori dal cilindro magico” non ne esistono).