⦿ Ultim'ora

Proteste in Kosovo, NATO vieta a Belgrado di schierare esercito serbo. Presidente Vucic: “Umiliazione, ma Russia è con noi”

La NATO ha rigettato la richiesta di Belgrado per il dispiegamento dell’esercito serbo e della polizia in Kosovo, intanto i serbi del Kosovo si sono mobilitati davanti al municipio di Strpce per protestare contro l’attacco subito da due giovani ragazzi serbi da un albanese e chiede più sicurezza per la comunità serba

La KFOR, la forza militare della NATO in Kosovo ha negato la richiesta della Serbia di inviare 1000 uomini delle forze di sicurezza serbe – tra militari e poliziotti – in Kosovo e Metochia per il mantenimento della sicurezza del popolo serbo in Kosovo. Lo ha riferito ieri il presidente serbo Aleksandar Vucic a Pink TV. 

“Nella loro lettera – della KFOR – indirizzata al governo della Serbia, hanno risposto che non vedono la necessità che l’esercito serbo ritorni nel territorio del Kosovo e Metohija, citando la risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”, ha spiegato il Presidente serbo.

Vucic ha però sottolineato che la KFOR “ha citato solo una parte della risoluzione, perché non hanno il diritto di negare” la richiesta di Belgrado.

Tuttavia Vucic non si mostra sorpreso dalla posizione della forza NATO: “Non mi aspettavo una risposta diversa dalla KFOR”, dice, sottolineando che questa risposta era “probabilmente volta a umiliare ulteriormente i serbi”.

“La domanda che si pone ora è se andremo al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”, ha detto il presidente, aggiundendo che “se andassimo domani, otterremo il sostegno della Russia”, “ma cosa succederà? Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite voterà per non consentire all’esercito e alla polizia serbi di tornare in Kosovo e Metochia”. 

Dunque la posizione di Belgrado che si legge tra le righe è chiara: la NATO opprime e umilia i diritti del popolo serbo, ma la Russia è con la Serbia, come da svariate dichiarazioni provenienti dal Cremlino, tra cui quelle della portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, secondo cui: “la Russia non dimenticherà mai che il Kosovo è territorio della Serbia”, ricalcando il noto slogan serbo: “Kosovo je Srbija”.

A cementificare questa posizione vi è inoltre il fatto che ben nove Paesi – ed a breve dovrebbe aggiugersene un decimo – del continente africano – dove la Russia post-sovietica di Vladimir Putin negli ultimi 20 anni ha implementato grademente il proprio potere ed influenza – hanno revocato la loro precedente decisione di riconoscere la provincia serba del Kosovo come entità statale autonoma, autoproclamatasi tale con il placet dell’Occidente nel 2008.

A voltare le spalle al Kosovo autonomo a guida albanese sono stati: Antigua e Barbuda, Burkina Faso – dove durante l’ultimo colpo di stato i manifestanti sventolavano bandiere russe ed assaltavano l’ambasciata francese –, Eswatine, Gabon, Guinea Conakry, Libia, Maldive, Santa Lucia e Somalia. A darne notizia è stato lo stesso presidente serbo Vucic durante la conferenza di fine anno, dichiarando anche che un decimo Stato africano – senza specificare quale – si appresta a revocare il riconoscimento del Kosovo indipendente.

Intanto, sullo sfondo di quello che da conflitto interno o al massimo regionale, rischia di diventare  – come successo per l’Ucraina – nuova occasione di scontro più o meno diretto tra NATO e Russia, il popolo serbo del Kosovo continua a denunciare ingiustizie e soprusi da parte di Pristina e di parte della popolazione albanese.

Migliaia di serbi del Kosovo ieri hanno infatti protestato davanti al municipio di Strpce dopo l’attacco a colpi di pistola di un albanese contro due ragazzi serbi – di cui uno di appena 11 anni – durante la vigilia del Natale ortodosso lo scorso 6 gennaio. I due ragazzi – 21 e 11 anni – mentre camminavano per strada sono feriti da colpi di pistola provenienti da un albanese su un’auto in corsa.

I manifestanti si sono riuniti davanti al municipio della città kosovara chiedendo la fine delle aggressioni ed ingiustizie a danno dei serbi. Secondo i resoconti dei media, in città durante la manifestanzione è stato anche osservato un gran numero di poliziotti di Pristina.