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Sciacca. Portata in ospedale dal 118 contro la sua volontà: professoressa chiama i carabinieri e sporge denuncia

L’ospedale Giovanni Paolo II di Sciacca ultimamente si ritrova sulle cronache locali per fatti “poco edificanti”, ma questo vicenda è shock: in piena notte una professoressa è stata portata di forza in ospedale contro la sua volontà

Estratto del referto medico della professoressa

Il fatto è accaduto, come si evince dal referto medico di dimissioni dell’ospedale, nella notte del 22 novembre scorso. Come racconta la diretta interessata alla nostra redazione, una professoressa 50enne di Sciacca, – già sofferente di alcune patologie – intorno alle 0,30  si è sentita male accusando in particolare giramenti di testa. La prof, che vive da sola in una villetta, ha quindi deciso di chiamare il 118 e dopo una mezzora circa un ambulanza con tre infermieri, ma senza medico a bordo, è arrivata nell’abitazione.

A questo punto, probabilmente a causa del tempo trascorso, il malessere era però già cessato e la donna ha detto chiaramente ai tre infermieri di non volere più andare in ospedale. I tre sanitari hanno però insistito e al deciso diniego della 50enne, con la “scusa” di misuragli la glicemia, l’hanno fatta salire sull’ambulanza e poi una volta a bordo, hanno chiuso le porte e si sono avviati verso l’ospedale senza che la donna potesse fare nulla per fermarli, creandole – in quel contesto ed a quell’ora della notte – sconcerto e paura.

Sempre secondo il racconto della professoressa, la donna – a quel punto terrorizzata – si è messa a gridare implorando di farla scendere, ma i tre infermieri hanno ignorato la richiesta dicendo che avevano avuto “ordine dalla centrale operativa di portala in ospedale”. La donna a quel punto in preda al panico, ci ha riferito testualmente: “mi sono sentita rapita dai tre uomini” e con il telefonino ha chiamato i carabinieri chiedendo di intervenire.

L’ambulanza poco dopo è arrivata al pronto soccorso del nosocomio saccense – rassicurando almeno in parte la donna -, facendo scendere la prof che presa con l’inganno era ancora in pigiama e pantofole, oltre che preoccupata anche dal fatto di aver lasciato la porta di casa aperta, proprio perché convinta di salire sull’ambulanza solo per un controllo sul posto e non per andare in ospedale. Poco dopo sono arrivati i militari dell’Arma che hanno verbalizzato l’accaduto. La professoressa ha annunciato che querelerà i responsabili per quello che a suo avviso è stato “un sequestro di persona”.

Adesso, a prescindere da come si giustificheranno gli interessati sotto un profilo prettamente legale, appare abbastanza evidente che nessuno può essere portato di forza in ospedale a meno che non ci sia un provvedimento di TSO, emesso dalle autorità competenti, ossia sindaco e giudice tutelare dopo presa visione di parere medico certificato. Pare evidente quindi che non può essere né un infermiere, né una centrale del 118 a decidere un “ricovero coatto”, tant’è vero che anche nel caso in cui una persona fosse già ricoverata con gravi problemi di salute, anche contro il parere del medico, può liberamente decidere di uscire da un ospedale firmando una semplice liberatoria. Il caso desta quindi una non immotivata preoccupazione e oltre alle autorità giudiziarie chiamate in causa dalla vittima, sarebbero opportuno che anche la direzione sanitaria del nosocomio saccense faccia luce sull’inquietante vicenda.

Infine, riportando fedelmente il racconto della professoressa, raccontiamo anche l’epilogo della vicenda, ancora più surreale, se possibile: la donna, dopo aver atteso parecchio tempo nella sala del pronto soccorso, è stata finalmente visitata e dimessa, peraltro con codice giallo che indica chiaramente che la donna non era in situazione di pericolo, ma a quel punto ha dovuto affrontare un ulteriore calvario. Senza la sua auto non poteva tornare a casa e quindi ha cercato qualcuno tra i suoi amici che potesse accompagnarla a casa, ma alle quattro del mattino i cellulari erano tutti – giustamente – spenti. La donna ha quindi cercato di chiamare un taxi, ma ha scoperto che a Sciacca non esiste un servizio notturno, infine è però riuscita a rintracciare un taxista di buona volontà che si è alzato dal letto in piena notte e l’ha accompagnata a casa. “Non chiamerò mai più il 118 neppure se sto per morire”, questo è quanto ci ha riferito la signora a fine racconto, tra le lacrime.