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Il governo vara la manovra economica: aumento pensioni minime e modifica reddito cittadinanza: tutti i dettagli

Il governo ha varato la sua prima manovra economica con misure per quasi 35 miliardi di euro, due terzi di quali sono concentrate in favore di misure per la mitigazione del caro energia. C’è il taglio del cuneo fiscale e la revisione del reddito di cittadinanza

Il primo documento di programmazione pluriennale, 2023-2025, dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni per un valore di quasi 35 miliardi di euro prende forma e per reperire questi soldi si avvia il percorso di “abolizione del reddito” di cittadinanza, che sarà graduale fino a 2023, poi dal 2024 dovrebbe essere abolito. Le opposizioni hanno promesso battaglia e il M5s, che annunciano una mobilitazione in “tutte” le sedi contro la modifica.

Questi i punti che compongono la manovra

Oltre 21 miliardi di euro dei 35 miliadi sono destinati alle misure contro il caro energia, che coprono solo i primi tre mesi del 2023. Confermata l’eliminazione degli oneri impropri delle bollette, il rifinanziato fino al 30 marzo 2023 del credito d’imposta per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale che per bar, ristoranti ed esercizi commerciali salirà dal 30% al 35%, mentre per le imprese energivore e gasivore dal 40% al 45%.

Confermata la riduzione dello sconto sulle accise per il carburante a partire dal 1 dicembre. La soglia per l’uso del contante dal 1 gennaio 2023 salirà da 1.000 a 5.000 euro e c’è l’innalzamento al 35% della tassazione sugli extraprofitti. Prevista la riduzione dell’Iva dal 10 al 5% per i prodotti per l’infanzia e l’igiene intima femminile (tampon tax).

C’è l’estensione della flat tax fino a 85.000 euro per lavoratori autonomi e partite Iva, quella incrementale, la detassazione ai premi dei dipendenti e un intervento di “tregua fiscale” con stralcio delle cartelle fino al 2015 per un importo massimo di mille euro.

Sanità

Per il comparto vengono stanziati 1,4 miliardi per il 2022 e 500 milioni per il 2023 mentre per gli enti locali, compreso il trasporto pubblico locale, ci sono circa 3.1 miliardi complessivi.

Pensioni

C’è la conferma di opzione donna rivisitata e Ape sociale, prevista una indicizzazione al 120%, con le minime che salgono dagli attuali 523 euro a quasi 600. Non manca la misura cara a Salvini: per il 2023 viene introdotto un nuovo schema di anticipo pensionistico a quota 103 che permette di uscire dal lavoro con 41 anni di contributi e 62 anni di età e prevede bonus per chi invece decide di restare a lavoro. E ancora: aumento dell’assegno unico per le famiglie, agevolazioni per le assunzioni a tempo indeterminato per donne under 36 e per percettori di reddito di cittadinanza, proroga delle agevolazioni per acquisto prima casa per i giovani, la flat tax incrementale.

Aiuti alle famiglie più fragili

Il Mef stima un risparmio di 734 milioni per il 2023, che finanzierà un fondo che a sostegno dell’inclusione sociale. Per contrastare la corsa dell’inflazione e la riduzione del potere di acquisto viene istituito un fondo di 500 milioni di euro destinato alla realizzazione di una “Carta Risparmio Spesa” per redditi bassi fino a 15mila gestita dai Comuni e volta all’acquisto di beni di prima necessità. Si tratta di una sorta di “buoni spesa” da utilizzare presso punti vendita che aderiscono all’iniziativa con un’ulteriore proposta di sconto su un paniere di prodotti alimentari. Previsto anche un assegno unico per le famiglie con 3 o più figli (finanziato con 610 milioni). Anche l’assegno sarà maggiorato del 50% per il primo anno e di un ulteriore 50% per le famiglie composte da 3 o più figli.

Cambia il reddito di cittadinanza fino al 2023 poi dal 2024 dovrebbe essere abolito

Dal 1 gennaio 2023 alle persone tra 18 e 59 anni (abili al lavoro ma che non abbiano nel nucleo disabili, minori o persone a carico con almeno 60 anni d’età) è riconosciuto nel limite massimo di 8 mensilità invece delle attuali 18 rinnovabili. È inoltre previsto un periodo di almeno sei mesi di partecipazione a un corso di formazione o riqualificazione professionale. In mancanza, decadrà il sussidio. La stessa cosa avverrà anche nel caso in cui si rifiuti la prima offerta congrua di lavoro.
Dall’1 gennaio 2024 i cittadini occupabili (circa 650 mila) non avranno più sostegno e sarà istituito un fondo per facilitare l’accesso al lavoro, per gli inoccupabili, invece, il reddito di cittadinanza resterà.

Ad analizzare la revisione del sussidio qualche perplessità è emersa anche tra i soci di governo e il rinvio dello stop definitivo al 2024 è stato un escamotage che conente di aggiustare le criticità di una riforma annunciata in maniera troppo frettolosa e prpagandistica. Nei fatti i cosiddetti occupabili che percepisono il reddito di cittadinanza indicati dall’Anpal sono 660mila e di questi non si da quanti siano esonerati dalla ricerca perché genitori di figli piccoli o disabili, per esempio. A questi si sommano oltre 170mila persone che prendono il reddito ma già lavorano percependo stipendi talmente bassi da avere comunque diritto all’integrazione.

Per l’Inps i beneficiari del rediito che risultano “vicini al mercato del lavoro” (hanno una posizione contributiva contemporanea alla percezione del rdc o ravvicinata) sono solo 372mila . I “veri” occupabili che effettivamente non lavorano sono quindi relativamente pochi e, spesso, se non lavorano c’è un motivo più che una volontà. Si tratta di persone con bassa scolarizzazione (nel 70% dei casi si arriva al massimo alla licenza media), non più giovani, nella maggior parte dei casi lontani da oltre tre anni dal mercato del lavoro. Il taglio, come inizialmente concepito dalla premier, sarebbe dovuto scattare in automatico alla scadenza del periodo di percepimento (18 mesi rinnovabili con pausa di un mese), cosa che avrebbe penalizzato persone estremamente vulnerabili da un punto di vista sia economico, sia sociale. Si vedrà dunque come il governo a partire dal 2024 concretizzerà l’annunciata uscita dal beneficio.