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“Price cap” sul gas, l’Ue si spacca, decisione slitta a ottobre: contrari anche Polonia e Olanda “nemici” di Mosca

L’Ue come da previsioni sul tetto al prezzo del gas si spacca e la “Decisione sul price cap slitta a ottobre”. Perplessità dal premier olandese Rutte e conferma del no dalla Polonia


La notizia arriva da fonti diplomatiche europee che fanno sapere infatti che la proposta di introdurre il price cap, prevista per oggi non verrà discussa dai ministri Ue dell’Energia e quindi almeno per il momento con ci sarà nessun tetto al prezzo del gas. La nuova riunione dei leader Ue e i capi di Stato e di governo europei è stata spostata al 6 e 7 ottobre prima a Praga in un vertice informale e successivamente al 20 e 21 ottobre a Bruxelles, quando dovrà essere assunta la decisione definitiva.

Bisognerà capire che ripercussione avrà sui listini la notizia di una slittamento ad ottobre. Per il momento il pacchetto di proposte ancora tutto da discutere della Commissione Ue per contenere i prezzi del gas è bastato a placare le oscillazioni sul listino Ttf di Amsterdam, dove, dopo i picchi di 350 euro toccati a fine agosto, negli ultimi giorni le quotazioni si sono adagiate intorno ai 200 euro al megawattora.

Ma vediamo chi sono i Paesi che hanno perplessità ad applicare il price cap. La Polonia, che ha dimostrato di essere tra le agguerrite “nemiche” della Russia, ha già espresso riserve sul prezzo fissato ad un massimo 200 euro a megawattora all’elettricità e questo perché andrebbe ad intaccare i ricavi inframarginali nell’eolico, nel solare, nell’energia geotermica, idroelettrica e nelle biomasse.

Perplessità anche dall’Olanda, altra nazione poco amichevole con Mosca, che nutre forti dubbi sull’applicabilità di un tetto solo al prezzo del gas russo, ipotizzato dalla Commissione. “Abbiamo ancora delle domande e delle preoccupazioni ma guardiamo con favore alle proposte presentate ieri della Commissione Europea, incluso un ‘price cap’ al gas russo”. Il concetto del premier olandese Mark Rutte, espresso al termine della conferenza stampa con Ursula von der Leyen, è stato ribadito anche da un diplomatico olandese che ha fatto sapere che l’idea italiana di imporre un tetto a tutti i fornitori “è molto poco saggia” ed sull’ipotesi italiana di colpire tutti i fornitori, ha aggiunto:  “Intervenire ora con un tetto ai prezzi di approvvigionamento dalla Russia appare poco utile, visto che Mosca ha chiuso i rubinetti del Nord Stream 1”.

Secondo Amsterdam quindi il price capa rischia di essere controproducente: “Dobbiamo trovare delle alternative e queste alternative non sono in Italia o in Germania o nei Paesi Bassi, ma in Norvegia, Algeria, Libia, Qatar, Mozambico e in altri luoghi del mondo. E penso che sarà molto, molto strano che come clienti tutto a un tratto iniziamo a imporre unilateralmente un limite al prezzo. Inoltre dobbiamo discutere con la Norvegia e con gli altri paesi se ciò è fattibile o meno, forse anche politicamente”. Di fatto quello che si teme e che mettendo un limite al gas naturale azero o statunitense, alla fine i fornitori non faranno le consegne e si rivolgeranno ad altri mercati.

Ma non è finita, gli olandesi fanno anche resistenza rispetto all’ipotesi di un intervento per regolamentare il mercato Ttf su cui si formano i prezzi di riferimento del gas per tutta Europa: “E’ stato una componente essenziale per tutti questi anni e in realtà ha svolto un lavoro straordinario in una sorta di benchmarking. Dobbiamo essere molto attenti – spiega la fonte diplomtica – perché è vero che siamo di mentalità aperta ma non c’è motivo in questo tipo di situazione per rivedere radicalmente le cose senza davvero guardare agli impatti di tali decisioni e capire quali sono le alternative possibili. La nostra dipendenza dalla Russia si sta sostanzialmente spostando a zero a un ritmo rapido e questo, ovviamente, ha causato una crisi del Ttf”.

L’obiettivo principale degli europei è ridurre i ricavi di Mosca, oltre che frenare la crisi dell’energia redistribuendo gli extraprofitti ai consumatori e alle imprese colpiti dal boom dei prezzi. Ma almeno per il momento l’obiettivo è stato un fallimento e Mosca non sembra avere subito granché. Infatti secondo Russia Fossil Tracker del think tank Crea, dall’inizio della guerra in Ucraina, Mosca ha incassato dalla vendita di idrocarburi 167 miliardi di cui 89 dai Paesi Ue e secondo il quotidiano del mondo imprenditoriale russo Kommersant, le esportazioni verso la Cina, in gran parte energetiche, hanno avuto un balzo del 50% nei primi otto mesi dell’anno, toccando quasi i 73 miliardi di dollari.