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Serbia. Proteste a Belgrado: l’opposizione ha perso le elezioni e tenta irruzione in municipio: 35 arresti e agenti feriti

L’opposizione dopo avere perso le elezioni mette in atto una violenta protesta contro presunti brogli elettorali e tenta di fare irruzione nel municipio di Belgrado ma sono stati respinti dalle forze dell’ordine con i gas lacrimogeni. Oltre 35 persone sono state arrestate

 

I manifestanti sostenitori della coalizione dell’opposizione, dopo avere perso nelle elezioni dello scorso 17 dicembre, protestano contro presunti brogli elettorali. Le autorità serbe hanno respinto l’accusa ed affermato che le elezioni per il rinnovo del Parlamento e delle cariche locali sono state regolari. Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha dichiarato domenica che queste affermazioni sono palesi “bugie” promosse dall’opposizione. Vucic ha descritto gli incidenti come un tentativo di “presa di potere forzata delle istituzioni statali”, aggiungendo che ci sono prove che “tutto era stato preparato in anticipo”. In effetti a vedere i fatti di ieri sera dall’esterno, sembra un remake di quanto accaduto nel 2014 a piazza Majdan a Kiev, in Ucraina.

“Abbiamo prove solide a sostegno e non ci arrenderemo. Nessuno ha il diritto di distruggere la nostra casa, di distruggere la proprietà del nostro Paese e dei nostri cittadini, per non parlare del fatto che hanno causato gravi ferite ai nostri agenti di polizia” ha concluso Vucic parlando alla TV filo-governativa Pink.

I dimostranti si sono radunati come di consueto davanti alla sede della commissione elettorale, nel centro di Belgrado, poi si sono spostati verso il vicino municipio, scandendo slogan ostili contro il governo e il presidente Aleksandar Vucic. Alla fine la polizia serba ha disperso i manifestanti sparando gas lacrimogeni per impedire a centinaia di violenti facinorosi di entrare nell’edificio del Municipio della capitale, arrestandone oltre 35, mentre alcuni poliziotti sono rimasti feriti. Dal ministero dell’Interno è stato lanciato un appello a porre fine alle violenze, sottolineando che l’attacco alle sedi istituzionali costituisce un grave reato che comporta pesanti sanzioni.

Tutto dunque parte dai risultati delle elezioni svolte lo scorso fine settimana per il Parlamento nazionale, per l’Assemblea della Vojvodina e le elezioni comunali in 65 città, tra cui Belgrado, dove l’Snp che si aspettava la vittoria ha perso ed anche pesantemente, ma ritiene che ci siano state manipolazioni. L’Spn, principale partito d’opposizione, non riconosce i risultati delle elezioni e ne chiede l’annullamento. Secondo i risultati ufficiali, l’Sns, il partito di Vucic, ha vinto le elezioni parlamentari con il 47% dei voti, il doppio di quello della coalizione di opposizione Spn e francamente appare difficile così grande differenza possa essere opera di manipolazione.

Mentre nelle elezioni municipali di Belgrado il Sns ha vinto, ma con un margine meno pesante, tanto che la formazione del governo locale è ancora da costruire a causa della mancanza di una maggioranza chiara, ma il presidente Vucic, proprio per evitare problemi ha lasciato aperta la possibilità di nuove elezioni nella capitale ed ieri ha accusato i dirigenti dell’Spn di “brutali pressioni sulle istituzioni” con l’obiettivo di “modificare la volontà elettorale”.

La situazione è quindi incandescente e basterebbe una piccola scintilla per fare degenerare il quadro con conseguenze per tutta l’Europa. La Serbia non fa parte della Nato e il 21 novembre scorso il presidente Aleksandar Vucic a Belgrado ha incontrato il Segretario generale Jens Stoltenberg, a cui ha ribadito e messo in chiaro la sua neutralità. Stoltenberg ha risposto che “La Nato rispetta la neutralità militare della Serbia”. In Kosovo, regione della Serbia, però è presente un contingente militare della Forza Nato (Kfor) e ufficialmente la sua presenza si basa sul mandato ricevuto dalle Nazioni Unite (con la risoluzione 1244 del consiglio di sicurezza nel 1999, ndr), per prevenire conflitti interni.

Tutto ciò premesso, la domanda che appare spontanea è: se Vucic, notoriamente vicino a Mosca, si sentisse minacciato da un possibile colpo di stato, si farebbe estromettere o non essendo parte della Nato chiederebbe l’intervento della Russia?